Al governatore dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso, appassionato studioso di diritto, non sfuggirà certamente il significato della vecchia massima latina simul stabunt simul cadent. Insieme staranno, insieme cadranno. Che riassume esattamente ciò che potrebbe capitare alla Regione da lui presieduta. D’Alfonso, infatti, è candidato a Palazzo Madama nel listino blindato del Pd e la sua elezione è praticamente scontata. Ma, non appena sarà proclamato senatore, inizieranno a decorrere i termini di legge entro i quali dovrà optare tra la carica di parlamentare e quella di presidente di Regione, incompatibili tra loro. E se, come presumibile, scegliesse la prima, per “portare l’Abruzzo al governo”, per dirla con le parole del governatore, lo stesso Abruzzo rischierebbe di tornare al voto circa un anno prima della scadenza naturale della legislatura regionale fissata a maggio 2019.
Avvisi tecnici – Il motivo? Lo spiega un parere del Servizio legislativo della stessa Regione presieduta da D’Alfonso. Emesso su richiesta del gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle. E nel quale si sottolinea, nero su bianco, che “l’eventuale decadenza, o le dimissioni, del Presidente della Giunta regionale, eletto a suffragio universale e diretto nel sistema di governo neoparlamentare delineato dalla Costituzione, oltre a non dar luogo a surroga, comportano lo scioglimento del consiglio regionale, l’interruzione anticipata secondo il noto principio del simul stabunt simul cadent e quindi il ritorno alle elezioni”. Insomma, la candidatura di D’Alfonso, governatore dal 26 maggio 2014, potrebbe avere seri risvolti sul futuro delle istituzioni regionali. Anche tenuto conto che il parere dei tecnici esclude ogni ipotesi di “surroga”, cioè di sostituzione. Una volta decaduto D’Alfonso, quindi, neppure il suo vice Giovanni Lolli potrebbe rimpiazzarlo per portare a conclusione la legislatura. L’unica strada sarebbe tornare al voto. “La data di scioglimento del Consiglio (regionale, ndr) – si legge ancora nel documento dei tecnici – costituisce il dies a quo (il giorno dal quale, ndr) da cui decorrono di norma i tre mesi per lo svolgimento delle nuove elezioni, in ragione delle disposizioni statutarie e legislative” vigenti. Ma D’Alfonso non è l’unico governatore del Pd candidato alle Politiche. Si prepara a traslocare dalla Regione Friuli Venezia Giulia per tornare a Montecitorio anche la collega Debora Serracchiani, ma il suo mandato scadrà il prossimo 25 aprile. E a differenza dell’Abruzzo, il Friuli tornerà alle urne per il rinnovo del Consiglio regionale alla scadenza naturale della legislatura.
Scontro totale – Ieri, intanto, è andato in scena un nuovo capitolo dello scontro tra il governatore D’Alfonso e i Cinque Stelle. Che, forti del parere da loro richiesto ai tecnici della Regione, sono tornati ad invocare le dimissioni immediate del governatore. “Non può farsi campagna elettorale sfruttando le istituzioni, i soldi della collettività abruzzese e il ruolo di Presidente – attacca la consigliera Sara Marcozzi -. E non certo per renderla un trampolino di lancio personale verso Roma”. La replica di D’Alfonso, che ha annunciato che si taglierà di un terzo lo stipendio da presidente per il tempo dedicato alla campagna elettorale nazionale, arriva dal fedelissimo del governatore Camillo D’Alessandro: “Si avvicina il Carnevale, per cui potremmo prendere le affermazioni del M5S come uno scherzo pari al valore dei coriandoli”. Ergo: “D’Alfonso non deve affatto dimettersi”.
Twitter: @Antonio_Pitoni