Mentre il mondo si prepara all’ennesima conferenza sul clima, la COP29 in Azerbaigian, viene da chiedersi: a che serve? L’inchiostro della COP28 di Dubai è appena asciugato e già le sue promesse si sgretolano come castelli di sabbia.
L’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) ha appena pubblicato un rapporto che suona come una sentenza di condanna per gli impegni presi alla COP28. Quei solenni giuramenti di triplicare la capacità di energia rinnovabile globale e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030? Poco più che vuote parole, a quanto pare.
Il rapporto che sgretola le promesse: dati impietosi sulle rinnovabili
Il rapporto di IRENA non lascia scampo. I paesi sono sulla buona strada per raggiungere solo la metà della crescita necessaria nelle rinnovabili. Metà. E parliamo di un obiettivo che era già considerato il minimo sindacale per evitare il disastro climatico.
Ma la vera beffa arriva quando si parla di soldi. IRENA stima che per centrare gli obiettivi della COP28 servirebbero investimenti per 31,5 trilioni di dollari entro il 2030. Una cifra astronomica, certo ma non impossibile se ci fosse una vera volontà politica. Il problema è che al momento siamo fermi a investimenti di 570 miliardi di dollari l’anno. Un progresso, dirà qualcuno. Sì, come svuotare l’oceano con un cucchiaino. E così, mentre i leader mondiali si preparano a volare in Azerbaigian (ironia della sorte, un paese che vive di petrolio) per l’ennesima passerella climatica, viene da chiedersi: che senso ha?
COP29: l’ennesima passerella o una svolta reale?
La COP29 si preannuncia come l’ennesimo esercizio di retorica verde, dove si parlerà di nuovi obiettivi finanziari per l’azione climatica nei paesi in via di sviluppo. Si discuterà di cifre che vanno dai 100 miliardi attuali fino a ipotetici 1,3 trilioni di dollari all’anno. Numeri che, alla luce del rapporto IRENA, suonano come una barzelletta di cattivo gusto.
Il rapporto IRENA mette in luce una realtà scomoda: l’84% degli investimenti nelle rinnovabili si concentra in Ue, Cina e Stati Uniti. L’Africa, il continente più vulnerabile ai cambiamenti climatici, vede i suoi già miseri investimenti dimezzarsi.
E mentre il solare cresce al ritmo richiesto, altre tecnologie come l’eolico offshore e la geotermia arrancano. Per non parlare dell’efficienza energetica dove secondo il rapporto “sono stati fatti pochi progressi significativi”. Le vendite di pompe di calore, cruciali per ridurre i consumi, sono addirittura in calo in Europa.
I numeri parlano chiaro: per raggiungere l’obiettivo di triplicazione, la capacità di energia rinnovabile installata dovrebbe aumentare da 3,9 terawatt (TW) a 11,2 TW entro la fine del decennio. Ma gli attuali obiettivi nazionali porteranno solo a 7,4 TW entro il 2030. E i piani presentati alle Nazioni Unite nell’ambito dell’Accordo di Parigi? Ancora peggio: solo 5,4 TW.
La spesa per le misure di risparmio energetico deve aumentare di sette volte, da 323 milioni di dollari nel 2023 a 2,2 trilioni di dollari all’anno. Un salto quantico che sembra più fantascienza che realtà. L’eolico onshore deve triplicare la sua crescita, l’eolico offshore e la bioenergia devono aumentare di sei volte. La capacità geotermica? Deve crescere 35 volte più velocemente dell’anno scorso.
IRENA sottolinea la necessità di un “importante aumento” del finanziamento pubblico e privato per incrementare la quota di investimenti nei paesi in via di sviluppo. Ma come si fa ad aumentare gli investimenti quando i paesi ricchi faticano già a mantenere gli impegni presi?
La COP29 si trova di fronte a sfide titaniche. Il divario tra gli obiettivi stabiliti e i progressi effettivi è un abisso. E il tempo stringe. I governi sono tenuti a presentare piani aggiornati nel 2025, ma IRENA afferma che questi nuovi piani devono “più che raddoppiare” i loro obiettivi di energia rinnovabile per allinearsi con gli impegni della COP28. Alla luce dei fatti voi vi fidereste?