di Stefano Sansonetti
Il caso sta facendo discutere un bel po’. Perché il passaggio di quell’alto dirigente del ministero dello Sviluppo economico al gruppo Ariston, leader nella produzione di caldaie e pompe di calore, suscita più di qualche perplessità. Al centro della scena c’è Leonardo Senni, fino a qualche mese fa capo del Dipartimento energia dello stesso dicastero guidato da Flavio Zanonato. Ebbene, la novità è che dal 1° gennaio 2014, in base a un accordo annunciato a metà dicembre dell’anno scorso, Senni è diventato amministratore delegato di Ariston Thermo, il gruppo presieduto da Paolo Merloni specializzato nella produzione di caldaie e pompe di calore ad alta efficienza energetica.
Il dettaglio
Si dà però il caso che proprio l’acquisto di questi prodotti, in Italia, sia incentivato da tutta una serie di detrazioni fiscali, dal 50 al 65% a seconda dei casi, proprio per perseguire il risultato di una maggiore efficienza energetica. Ed è quasi superfluo constatare come questi incentivi, a livello organizzativo e normativo, vengano lavorati direttamente dal Dipartimento energia nel quale lavorava Senni. Il quale, in pratica, è recentemente passato a guidare una società che di fatto beneficia proprio di quegli sgravi fiscali decisi dal Dipartimento che dirigeva poco prima. Insomma, non sembrerebbe essere una situazione da manuale anti-conflitto d’interesse. Anzi, lascia spazio a dubbi piuttosto consistenti. Anche perché qui parliamo di una società, Ariston Thermo, che vanta un fatturato globale di 1,32 miliardi di euro, con 6,9 milioni di prodotti venduti all’anno. Naturalmente La Notizia ha sottoposto la questione a Senni, ex manager McKinsey come l’ex ministro Corrado Passera, per sapere come sia maturata l’operazione.
La risposta
L’ex capo del Dipartimento energia ha ammesso che “quello del conflitto d’interessi è un tema che effettivamente mi sono posto con il ministro e il capo di gabinetto”. Alla fine, ha continuato, “abbiamo considerato che Ariston produce in Italia solo il 10% del fatturato e che le pompe di calore e le caldaie, ovvero i prodotti destinatari degli incentivi, rappresentano a loro volta solo il 2% del volume d’affari”. Per questo, ha detto l’ex dirigente del ministero, “ci è sembrato che l’ipotesi di conflitto d’interesse fosse minimale”. Peccato, però, che sul sito internet di Ariston, e in perfetto italiano, siano spiegate per filo e per segno tutte le possibilità di acquisto innescate dai vari ecobonus esistenti. A dimostrazione del fatto che si punta anche sugli acquisti nel mercato domestico. “Ma il fatturato dei prodotti in Italia è dato per l’anno prossimo ulteriormente in calo”, incalza Senni, il quale tiene a chiarire che la questione dell’eventuale conflitto d’interessi è stata valutata molto attentamente, “perché per me è questione di assoluto rilievo sia in termini sostanziali che reputazionali”. Di più, perché l’attuale numero uno di Ariston confessa anche di aver ricevuto nell’ultimo anno offerte da parte di società private che “mai avrei accettato proprio per non correre rischi”. Insomma, per Senni l’operazione non è proprio al riparo del rischio di conflitto di interessi, ma ne fornisce una versione “minimale” da giustificare il passaggio. Basta davvero questo ragionamento per escludere ogni pericolo?