Doveva essere il governo che avrebbe ridato dignità al Parlamento e, invece, è uno di quelli che più di tutti lo sta mortificando a colpi di fiducie, atti di forza della maggioranza e lo strumento legislativo che è stato sostanzialmente monopolizzato dall’Esecutivo. Dopo un anno e quattro mesi di governo, le occasioni in cui ci sono state forzature alle regole e alle procedure parlamentari non si contano più.
Doveva essere il governo che avrebbe ridato dignità al Parlamento e, invece, è uno di quelli che più di tutti lo sta mortificando
Soltanto ieri si è verificato un duplice episodio in commissione Bilancio del Senato, dove si stavano discutendo gli emendamenti al disegno di legge sull’autonomia differenziata voluto dal ministro leghista Roberto Calderoli, che ha scatenato le proteste delle opposizioni. In Aula, infatti, la tensione è salita alle stelle quando è stato ritenuto ammissibile l’emendamento di Fratelli d’Italia, riformulato dalla maggioranza che mira ad erogare le risorse necessarie per garantire i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) anche alle regioni che non dovessero chiedere l’autonomia su determinate materie.
Qualcuno potrebbe pensare che non c’è nulla di strano ma non è così perché l’emendamento in questione era stato inizialmente bocciato ed è bastato riformularlo per renderlo accettabile. Un trattamento di riguardo che non è stato concesso alle opposizioni che, prima di lasciare l’Aula in segno di protesta, hanno tuonato contro quello che definiscono una politica dei ‘due pesi e due misure’. È caduta “la maschera. Non serve più nulla a dimostrare l’essenza spacca-Italia del progetto leghista di autonomia differenziata” spiegano in una nota i componenti M5S della Commissione bilancio del Senato Mariolina Castellone, Ketty Damante e Stefano Patuanelli.
Usati sempre due pesi e due misure nelle commissioni e nei decreti omnibus. E con la riforma sarà sempre peggio
A parer loro “l’ultima riformulazione di alcuni emendamenti di Fdi, con slittamento alla prossima settimana del voto finale sullo sciagurato disegno di legge, dimostra una vergognosa sequenza di elementi: Governo e maggioranza sono un’armata Brancaleone indegna della gestione di qualsiasi riforma; lo sbrindellato baratto tra autonomia e premierato, quindi tra Lega e Fdi, mostra una maggioranza che va in ordine sparso tra spaccature e disperati tentativi di ricucitura; chi ancora si ostina a volere questa autonomia, insegue l’obiettivo certificando che non ci sarà mezzo euro per permettere ai territori che arrancano di recuperare i ritardi nella fruizione dei servizi essenziali”.
Duro anche il capogruppo del Pd Francesco Boccia: “Le modalità con cui è stato riformulato l’emendamento De Priamo, che doveva essere la mediazione tra Lega e Fdi, le abbiamo contestate in commissione Bilancio perché chiedevamo che le stesse modalità fossero utilizzare sugli emendamenti nostri a cui è stato dato l’articolo 81. Non si possono avere due pesi e due misure. Questa roba è inaccettabile”. Commissione in cui non ci si è fatti mancare nulla perché, con la necessità di portare a casa l’autonomia il più velocemente possibile al fine di calmare la Lega in vista delle elezioni, si è scelto di spingere sull’acceleratore costringendo i componenti ad esprimere un parere sugli emendamenti in appena cinque minuti, di fatto annullando ogni dibattito su una riforma che condizionerà il futuro del Paese.
Meloni in campagna elettorale criticava il ricorso alla fiducia ma una volta salita a Palazzo Chigi l’ha usata spesso e volentieri
Purtroppo queste forzature non sono le uniche. Mercoledì ad andare in tilt è stata la commissione Affari sociali della Camera dove si discuteva sul mandato al relatore a riferire in Aula sull’istituzione di una commissione di inchiesta sull’emergenza Covid. Ebbene la votazione era finita in pareggio, con quest’ultimo che regolamento alla mano si traduce in una bocciatura, ma la maggioranza non si è persa d’animo e così il presidente ha fatto votare una seconda volta ed è arrivata l’approvazione contro cui si sono scagliate le opposizioni con i 5 Stelle che hanno tuonato: “La ripetizione di un voto con risultato sfavorevole alla maggioranza è un precedente inaccettabile”. Forzature evidenti anche nel ricorso alla questione di fiducia, una pratica che Giorgia Meloni in campagna elettorale criticava ma che salita a Palazzo Chigi ha usato spesso e volentieri.
L’ultima volta è successo il 21 dicembre quando questo strumento è stato attivato per la quarantesima volta, segnando un vero e proprio record, al fine di portare a casa il maxi-emendamento sulla legge di bilancio. Per non parlare dei decreti omnibus, recentemente giudicati illegittimi da una sentenza della Corte Costituzionale, ormai diventati una costante e che, secondo Openpolis, da inizio legislatura sono già sedici. Una pratica “esacerbata dal fatto che le leggi di iniziativa parlamentare” sono ridotte al lumicino. Così per i parlamentari “le possibilità di intervento si assottigliano” e di conseguenza “un modo per introdurre nuove misure è proprio con emendamenti ai decreti legge in fase di conversione”.