Per volontà del governo Meloni tra sei mesi i percettori del Reddito di cittadinanza considerati “occupabili” perderanno il sussidio. Per loro l’esecutivo – denunciano i pentastellati – aveva promesso di organizzare corsi di formazione per favorirne il reinserimento nel mercato del lavoro.
Tolto il Reddito di cittadinanza agli “occupabili”, il governo aveva promesso di avviarli al lavoro con dei corsi professionali
Anzi la legge di Bilancio – la prima dell’esecutivo Meloni – ha stabilito che la partecipazione a un corso di formazione diventa obbligatoria e in caso di mancata frequenza tutto il nucleo familiare del beneficiario del sussidio decade dal diritto alla prestazione. Peccato che ad oggi, di questi corsi non si abbiano notizie. E pare addirittura che potrebbero partire a luglio, ossia quando i percettori staranno per perdere il beneficio.
“Se ciò fosse vero, sarebbe incredibile. È compito del governo fare chiarezza davanti al Parlamento. Chiediamo pertanto un’informativa urgente del ministro del Lavoro, Marina Calderone (nella foto), per capire in che tempi e modi partiranno questi corsi. Ci aspettiamo di ricevere risposte puntuali”, ha detto la deputata del M5S, Valentina Barzotti.
Della formazione non c’è traccia. Così più di 700mila persone saranno lasciate in assoluta povertà.
Alla domanda su quando inizieranno tali corsi, Calderone ha risposto “presto”, confermando di fatto che a oggi di questi non ci sia nemmeno l’ombra. Sono circa 440 mila i nuclei familiari – corrispondenti a 600-700 mila persone – che rischiano di perdere il Reddito di cittadinanza in base alle nuove indicazioni. Come emerge dalla Manovra, chi ha tra i 18 e i 65 anni e appartiene a un nucleo familiare in cui non ci sono minori, anziani o disabili nel 2023 potrà ricevere il sussidio al massimo per sette mesi o finché non arriva un’offerta di lavoro. Al primo no decadrà il Reddito, anche se servirà un decreto per definire i criteri dell’offerta valida.
Ancora infatti non si sa se debba essere congrua alle esperienze, al livello d’istruzione, alle competenze e nemmeno se debbano essere considerati la distanza del luogo di lavoro e i tempi di trasferimento. Com’è stato finora. Invece, i percettori del sussidio di età compresa tra diciotto e ventinove anni che non hanno adempiuto l’obbligo di istruzione scolastica (di durata decennale), dal primo gennaio di quest’anno devono iscriversi e frequentare i corsi di istruzione degli adulti di primo livello presso i centri provinciali d’istruzione (Cpia).
Peccato però anche qui che per rendere operativo l’obbligo di partecipazione ai corsi di formazione o l’obbligo d’iscrizione ai corsi provinciali d’istruzione degli adulti manchi il protocollo che dovrà essere stipulato dal ministero dell’Istruzione e da quello del Lavoro. E la norma non dice entro quando dovrà essere adottato. Insomma si naviga a vista. E se non solo è opinabile il concetto di occupabili stabilito dal governo Meloni – dal momento che palesemente si introduce un principio di discriminazione nei confronti dei poveri senza figli – non sono state considerate nemmeno le reali possibilità che hanno i percettori del Reddito di trovare lavoro.
Dai dati Anpal e dai dati raccolti dai servizi sociali, circa il 70% dei beneficiari soggetti al Patto per il Lavoro o al Patto per l’inclusione sociale presenta, a livello nazionale, un titolo di istruzione di livello non superiore alla licenza media. E ancora. Nel 2022 sono 709mila i beneficiari del programma garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol) presi in carico dai Centri per l’impiego, comunica l’Anpal. Il 24,4% di questi sono beneficiari di Reddito di cittadinanza. Ma di questi solo il 12,8% rientra nel primo percorso, ovvero quello per cui è più semplice ricollocarli. A conferma delle carenze in termini di qualifica, esperienze e scolarizzazione, che i percettori del sussidio presentano e che fanno di loro persone solo virtualmente in grado di lavorare.
Eppure il governo non si fa scrupoli, non solo volutamente o per ignoranza non considera tutte queste variabili, ma non si fa carico neanche di mettere a terra quei corsi di formazione la cui partecipazione ha reso obbligatoria ai fini del mantenimento dell’assegno.