Se non è un paradosso, è difficile stabilire cosa sia. Da una parte il nostro ministro della Difesa Guido Crosetto riconosce la possibilità concreta che la guerra in corso in Ucraina sfoci in un conflitto nucleare; e dall’altra l’antidoto per così dire dell’Italia è quello di inviare armi a Kiev. Che è un po’ come buttare la benzina sul fuoco nel vano tentativo di sperare che l’incendio si plachi. Eppure è esattamente quanto sta accadendo.
Il ministro della Difesa Crosetto ha parlato di altri aiuti militari all’Ucraina. Ma le armi sono l’esatto contrario di ciò che serve ora
“L’uso del nucleare tattico è previsto dalla Russia. Per noi è inconcepibile ma per Mosca sì, se si supera un punto di non ritorno, se rischiassero la sconfitta, lo è. Insomma, il pericolo, potenzialmente, esiste, per quanto molto improbabile”. Queste le parole pronunciate ieri da Crosetto nell’intervista rilasciata a Il Messaggero.
Meloni ha già comunicato a Zelensky che il governo valuta l’invio di sistemi di difesa aerea
E nella stessa intervista, però, il titolare della Difesa ha ribadito la posizione dell’Italia sugli aiuti militari a Kiev nel supporto contro gli attacchi aerei all’indomani della telefonata tra Meloni e Zelensky. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha infatti comunicato al leader ucraino che il governo “sta valutando la questione della fornitura di sistemi di difesa aerea a protezione dei cieli ucraini” e Zelensky ha “lodato lo stanziamento del governo italiano di ulteriori 10 milioni di euro in aiuti”.
Una posizione che d’altronde lo stesso Crosetto ha ribadito e confermato. Pur precisando che la costruzione del sesto decreto per l’invio delle armi all’Ucraina non è ancora iniziata, ha sottolineato che “di certo l’Ucraina sta chiedendo da mesi un supporto contro gli attacchi aerei su obiettivi civili: case ospedali, scuole, centrali elettriche. Se sarà possibile certamente li aiuteremo a difendersi: la Russia ha superato un confine che non doveva superare”.
Per il ministro della Difesa “la fornitura deve essere compatibile con la possibilità di avere queste armi e di darle a Kiev efficienti e funzionanti. I razzi non li trovi al supermercato come un barattolo di Nutella, sono sistemi complessi per i quali sono necessari tempi lunghi di produzione. Non puoi dire: okay, domani vado e compro cento missili. Non ci sono. Dunque se diamo sistemi di difesa aerea all’Ucraina, dobbiamo prenderli dalle nostre scorte e lo dobbiamo fare senza sguarnirci e con la certezza della qualità”.
Riguardo alla spesa dell’Italia in armamenti, il ministro Crosetto ha ricordato che “l’impegno di raggiungere il 2% risale al 2014 ed è stato confermato da tutti i governi che si sono succeduti, compresi il Conte uno e il Conte due. L’unico punto da chiarire è in quanto tempo raggiungeremo questo 2%.
Mi auguro di rispettare l’impegno, in base alle compatibilità finanziarie. In ogni caso non si tratta solo di investimenti militari, ma di spese per la difesa che comprendono anche il personale, le infrastrutture, la manutenzione”. Parole con le quali sembra quasi che il ministro voglia scaricare responsabilità (o coresponsabilità) addosso ai governi precedenti.
Resta tuttavia il controsenso di un rischio concreto di guerra atomica e, di contro, un Paese che insiste nell’inviare armi che senz’altro non sono un deterrente al pericolo stesso. Sullo sfondo, invece, resta la carta della mediazione che pare non interessare, o non in maniera prioritaria, Palazzo Chigi.
La sensazione è che la Meloni, nel desiderio di porsi come fervente atlantista, stia diventando più realista del re, seguendo pedissequamente (e decisamente più di quanto stiano facendo ad esempio Berlino e Parigi) la politica estera di Joe Biden. Andando avanti di questo passo, però, la possibilità di scongiurare una pericolosa escalation del conflitto si assottiglia sempre di più.