La ministra Maria Elena Boschi a Londra. Il premier Matteo Renzi a Roma. La titolare delle Riforme in trasferta nella City per vendere il prodotto. Il presidente del Consiglio alla Camera, disertata dalle opposizioni, per difendere il prodotto. Entrambi in campo per giocarsi il futuro, che passa dalle riforme costituzionali e dal referendum confermativo. Giocando tutto su questo schema, Roma che chiama Londra, vendere e difendere, Renzi e la Boschi hanno dato il via all’offensiva di primavera, naturale trampolino di lancio verso quella campagna d’autunno che determinerà la vita, o la fine, dell’attuale Governo.
LA PARTITA IN CAMPO – Ed è uno schema, quello proposto dal tandem Renzi- Boschi, che non prevede né ostaggi né terze soluzioni: o si vince o si perde. E se la ministra a Londra è stata attenta e misurata nel vendere il prodotto, ovvero le riforme costituzionali, sapendo che gli inglesi amano i toni forti solo quando c’è di mezzo la Corona o Downing street, Renzi ha usato il bazooka. Come è tradizione quando la posta in palio è altissima. “La democrazia non significa cercare di non far votare gli altri, non si chiama fuga dall’Aula quando mi accorgo di non avere i voti. Si chiama confronto e poi voto – dice il capo del governo parlando alla Camera – sostenere che vi sia stato uno strappo alla democrazia significa fare a pugni con la realtà, significa avere una visione della democrazia tipica di chi non ha letto la Costituzione e i suoi lavori preparatori. Scappare dal voto è indice di mancanza di contenuti”. Nel mirino le opposizioni che hanno lasciato l’emiciclo quando il premier ha iniziato a parlare. Una protesta forte, quella delle opposizioni, che non è andata affatto giù all’inquilino di Palazzo Chigi, poco incline alle manifestazioni di dissenso.
FIORETTO E CLAVA – Del resto il suo invito a non votare in occasione del referendum sulle trivelle, in programma domenica 17 aprile, ha la stessa valenza. E quel ragionamento sulla democrazia potrebbe essere applicato alla sua indicazione. Non a caso da Londra è partito un altro messaggio: “L’Italia sta cambiando”. Questo è il ritornello proposto nella City, affidato al ministro Boschi, in modo da far da eco alle parole risuonate in Parlamento, dove ha preso il via l’ultimo giro delle riforme costituzionali. Un percorso che la titolare del dicastero chiave di questa partita illustra ai suoi interlocutori britannici come parte di un “progetto ambizioso” che – dalle istituzioni alla scuola, dalla burocrazia alle tasse – mira a fare della Penisola un paese più efficiente, più stabile, più vicino ad altri modelli europei. E soprattutto meglio capace di attrarre “investimenti, sviluppo economico, opportunità di lavoro”. Dal fioretto londinese alla clava romana il passo potrà anche non sembrare breve ma sono solo le due facce della stessa medaglia. Accusare il presidente del Consiglio di “non essere stato eletto” rivela “superficialità” e scarsa conoscenza della Costituzione, dice Renzi davanti ad un’Aula semideserta e silenziosa. “Chi oggi difende la volontà costituzionale e utilizza l’argomento del ‘caro presidente del Consiglio chi ti ha eletto’ – continua il premier – semplicemente non si rende conto che ciò che viene detto dalla Costituzione è che il presidente del Consiglio non è eletto dai cittadini, ma gode di un rapporto di fiducia con il Parlamento della Repubblica”. Insomma, più che un referendum sulle riforme, quello di ottobre, sarà un vero referendum su Renzi che è pronto a piegare la Costituzione ai suoi disegni. “La superficialità, l’improvvisazione di chi si trova a proprio agio fuori dalle aule del Parlamento, molto più che dentro, nel dibattito costituzionale, è un elemento sul quale i cittadini sapranno riflettere”. Non c’è dubbio. E sarà una riflessione che riguarderà tutti, visto che Renzi ha ribadito che sulla riforma, e sul voto, si gioca tutto. Signori fate il vostro gioco, allora.