Dopo lo strappo del M5S e dimissioni farsa del premier Mario Draghi, per il Quirinale è tempo di riflettere su come – e se – andare avanti in questa legislatura. Il presidente dalle Repubblica, Sergio Mattarella, è pronto a ogni ipotesi e capire quali siano le opzioni in campo è operazione complicata. Al Colle, com’è logico, le bocche sono cucite perché si vuole evitare di coinvolgere il presidente nelle manovre politiche in corso. Per questo si può solo provare ad ipotizzare gli scenari che potrebbero delinearsi nelle prossime ore.
Dopo lo strappo di M5S, per il Quirinale è tempo di riflettere su come – e se – andare avanti in questa legislatura
Il possibile punto di partenza, prima di prendere qualsivoglia decisione definitiva, dovrebbe essere quello di chiedere al premier di presentarsi alle Camere. Insomma, come si dice in gergo, ‘parlamentarizzare la crisi’. Se così fosse – e tutto lascia pensare che le cose andranno proprio così – non si tratterebbe del tentativo di ricompattare la maggioranza quanto del modo per mettere i partiti con le spalle al muro, costringendo chi vuole sfilarsi a dirlo chiaro e tondo.
Una mossa che sembra inevitabile perché se è vero che i 5S hanno detto chiaro e tondo cosa pensano – tra l’altro avendo fatto di tutto per evitare lo strappo – anche Matteo Salvini a parole minaccia il ritorno al voto. Eppure non si può escludere che, davanti alla nuova richiesta di fiducia, i 5S potrebbero votare Sì perché decisi a dare un’ultima chance al premier. Del resto, già nei giorni scorsi, hanno spiegato che la loro contrarietà è in merito a parte del dl Aiuti e non all’esecutivo.
Dopo questo passaggio, nel caso in cui M5S dovesse non votare la fiducia e confermare lo strappo, allora si entrerebbe nella fase due. Qui gli scenari si fanno più incerti. Di sicuro esiste la possibilità che Mattarella proponga il Draghi bis, probabilmente senza Movimento 5 Stelle. Se il premier dovesse accettare, sarebbe inevitabile un rimpasto di governo piuttosto corposo in virtù del mutato assetto politico. Si tratta di una strada su cui, però, non tutti i partiti sembrano pensarla allo stesso modo.
Tra i favorevoli ad andare avanti con Draghi c’è sicuramente il Partito democratico tanto che Enrico Letta si è affrettato a dire: “Noi seguiremo le indicazioni del presidente Mattarella e del presidente Draghi. La cosa più naturale è che il premier venga in aula e indichi un percorso possibile per i prossimi nove mesi”. Nessun dubbio neanche per Insieme per il futuro di Luigi Di Maio che, dopo infiniti appelli all’unità, ha confermato l’appoggio a Draghi.
Soluzione che piace anche a Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che in Senato ha fatto capire di essere addirittura sollevato all’idea di una maggioranza senza i rivali di M5S. Per questo ha rivolto “un appello alla responsabilità ai partiti e al presidente Mario Draghi”, con quest’ultimo di cui si è detto “un grande estimatore” e a cui ha detto “che con la stessa franchezza bisogna avere il coraggio di dire a Draghi che nulla giustifica oggi la fine del governo”.
Parole in piena sintonia con quelle di Silvio Berlusconi che ha detto: “I numeri dicono che il governo potrebbe proseguire il suo lavoro fine a fine legislatura anche senza il Movimento 5 Stelle. È chiaro e innegabile che eventuali elezioni anticipate in un momento così delicato per l’Italia saranno da attribuire unicamente all’atteggiamento irresponsabile dei 5 Stelle. Se dovesse accadere, andare alle urne non ci preoccupa”.
Meno chiara la posizione della Lega con Matteo Salvini che continua a ripetere che “piuttosto che perdere mesi preziosi con inutili e logoranti tira e molla, sarebbe più saggio dare la parola agli italiani” mentre gran parte del Carroccio chiede di andare avanti con Draghi ad ogni costo. Contraria, come noto, Giorgia Meloni che non vede l’ora di tornare alle urne.
Le ulteriori ipotesi sul tavolo non sono, però, meno complesse. Una possibile soluzione nelle mani di Mattarella potrebbe essere quella di consultare i leader dei partiti, trovare una nuova maggioranza, e proporre un governo tecnico che possa preparare la finanziaria e arrivare a fine legislatura. Qui il problema non sarebbe tanto di metodo quanto di sostanza. In primo luogo c’è da notare come gran parte dei leader di partito e lo stesso Presidente della Repubblica hanno più volte detto che il governo Draghi sarebbe stato l’ultimo di questa legislatura.
Se salta Mr. Bce si fa largo il Governo di transizione con Franco o Amato
Ma lo scoglio più grande in un eventuale governo tecnico non sarebbe neanche questo quanto, semmai, trovare un premier gradito a tutti. In tal senso le voci di corridoio indicano come unica possibilità l’attuale ministro dell’Economia, Daniele Franco. Un altro nome che starebbe circolando per fare da traghettatore è quello di Giuliano Amato il cui mandato alla guida della Corte costituzionale terminerà a settembre.
Un’ipotesi che piacerebbe al Centrodestra, tanto che aveva già accarezzato il suo nome in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, e che potrebbe essere accettabile anche per il Partito democratico e per gran parte delle forze centriste. Quel che è certo è che se neanche l’ipotesi del governo tecnico dovesse concretizzarsi, allora l’unica soluzione rimasta sarebbe quella di un ritorno anticipato alle urne. Ipotesi, questa che renderebbe piuttosto complicato il riuscire a dare risposte concrete agli italiani colpiti dal caro vita e da salari ormai insufficienti.
Ironia della sorte sono proprio quelle risposte che, paradossalmente, i cittadini avrebbero ottenuto se Supermario avessero dato seguito a quanto chiesto nel documento con cui, nei giorni scorsi, Giuseppe Conte ha provato a scongiurare l’uscita dalla maggioranza e la conseguente crisi di governo.