La pandemia, i processi a rilento e la necessità di riformare la Giustizia. Sono questi i tre principali temi che sono stati affrontati dal Primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio (nella foto), nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2021. Un evento, celebrato all’insegna della massima austerità per via delle norme anti-Covid e con tempi più che contratti a causa della crisi di governo, a cui hanno partecipato il premier dimissionario Giuseppe Conte, i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Maria Elisabetta Alberti Casellati, e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Tra le massime cariche dello Stato era presente anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che nel suo intervento ha sottolineato di essere “in carica per gli affari correnti” e, per questo “non potrò che attenermi all’esposizione generale dell’attività portata avanti nel 2020 esimendomi, per doveroso rispetto dei rapporti istituzionali, da qualsiasi considerazione di indirizzo politico”.
Così si è limitato a fare il punto della situazione citando i successi di alcune riforme da lui approvate ma evitando di citare quella della prescrizione criticata da Italia Viva al fine di evitare inutili polemiche. “Il terribile anno che ci siamo lasciati alle spalle ci ha visti impegnati fondamentalmente a limitare i danni e alla fine il bilancio è positivo. Grazie a un forte recupero nel secondo semestre, siamo riusciti a definire più di 30mila processi civili e nel penale siamo riusciti a conservare tempi di definizione dei giudizi inferiori ad un anno” ha spiegato Curzio.
Il Covid, prosegue il presidente, “ha comportato il sostanziale blocco per un certo periodo”, con “una faticosa e difficile ripresa per la restante parte dell’anno che oggi ci pone dinanzi alla necessità di ripensare profondamente il sistema. Di partecipare alla costruzione di un qualcosa che ancora non c’è” perché “la pandemia ha ulteriormente mostrato l’inadeguatezza del sistema, la gracilità e vetustà di molti suoi gangli, e pone in modo deciso la necessità di un cambiamento profondo e incisivo, prima di tutto culturale”.
Una riforma della Giustizia su cui era a lavoro il guardasigilli Bonafede e che, per quanto ritenuta urgente da tutti, appare sempre più una chimera. Successivamente è intervenuto il procuratore generale di Cassazione, Giovanni Salvi, che parlando della corruzione, definita uno “strumento abituale”, ha rilevato come “sono molti purtroppo i giudizi e le indagini dell’anno appena trascorso per gravissimi fatti di criminalità mafiosa, spesso in collusione con uomini politici o con amministratori, confermandosi la corruzione”.
Non meno preoccupante, prosegue Salvi, “il riproporsi di antiche pulsioni razziste e antisemite” e il ritorno delle formazioni di estrema destra che “hanno dimostrato interesse contro le politiche governative in tema di contenimento del Covid-19 e hanno cercato di sfruttare la particolare situazione problematica per incitare alla disobbedienza e ad atti di violenza, strumentalizzando il disagio economico e sociale”.
In conclusione, Salvi ha parlato del caso Luca Palamara che, come un fantasma, aleggiava sull’evento. Secondo il pg la magistratura è stata capace di una “reazione sanzionatoria pronta ed efficace” con 26 azioni disciplinari aperte, di cui 17 sono già a giudizio sul tavolo del Csm. E le altre su cui sta lavorando il suo team di procuratori”. Ma Salvi non minimizza quanto accaduto e, infatti, sprona tutti a “ricostruire la credibilità della magistratura, duramente scossa dalle indagini che hanno mostrato un sistema diffuso di asservimento del Csm a logiche di interessi di gruppo.