Roberto Traversi, parlamentare al secondo mandato in quota M5S, ora segretario all’ufficio di presidenza della Camera dei deputati, già sottosegretario alle Infrastrutture e ai trasporti nel Conte II. Proprio con Conte – e con le altre forze di opposizione – era in piazza a Genova lo scorso giovedì per chiedere le dimissioni di Toti. Partiamo da lì.
Lei, che da sempre vive in Liguria e che ben conosce la realtà genovese di cui è rappresentante territoriale essendo stato lì eletto, che tipo di analisi fa del “caso Toti” e delle mancate dimissioni?
“Sì, residente ed eletto in Liguria, ma anche Coordinatore Regionale del M5S. L’analisi è semplicissima: per rispondere parto con un piccolo esempio, riportandovi l’esperienza vissuta da un nostro collega che all’estero, di fronte ad omologhi di altre nazioni, raccontando di un Presidente di una Regione italiana che, sebbene agli arresti domiciliari e confinato in casa, sta continuando a portare avanti una legislatura, hanno lungamente pensato ad uno scherzo, per poi doversi arrendere alla realtà. Il problema è tutto qui. Stiamo dando una pessima immagine di noi stessi, mentre in Italia, oramai, sembra sempre tutto normale; all’estero per scuse di “poco conto” e per i motivi più banali, qualsiasi errore di un politico viene punito senza nessuna attenuante. Quindi, tornando alla sua domanda e alla “piazza” per Toti: non era di certo l’aula di un tribunale, al quale nessuno di noi ha il minimo desiderio di sostituirsi, né tantomeno una gogna mediatica sulla sua persona. Le inchieste faranno il loro corso e ci sarà la doverosa difesa in sede processuale. Allo stesso tempo, però, non vogliamo che sia Toti a emettere una sentenza di condanna nei confronti della Liguria e di una comunità che ha tutto il diritto di avere un governo nel pieno delle sue facoltà e prerogative a tempo pieno; rivendichiamo con forza, inoltre, il primato della buona politica, con amministratori che rispettino l’Art. 54 della Costituzione e che svolgano il proprio incarico pubblico con “disciplina e onore”.
Lei e l’On. Pirondini avete chiesto al GIP del Tribunale di Genova di essere ricevuti da Toti, istanza ritenuta inammissibile. Atto di propaganda politica, provocazione, o reale necessità di confrontarvi con il presidente ligure?
“La domanda l’abbiamo fatta non solo come parlamentari del M5S, ma anche come semplici cittadini liguri che vorrebbero conferire con il loro presidente: avremmo voluto rappresentargli la nostra preoccupazione derivante dalla paralisi cui è costretta la Liguria a causa di quella che, oramai, è diventata una partita tutta sua personale. Il nostro intento era quello di mettere in luce questa situazione paradossale: mi fa sorridere chi ci ha accusato di non avere “senso delle istituzioni” o di svolgere sciacallaggio politico per questa richiesta! Forse dall’altra parte della barricata hanno un concetto abbastanza confuso su come ci si dovrebbe comportare da amministratori pubblici e su come questa situazione sia, in realtà, già altamente surreale. Non c’è sciacallaggio: abbiamo semplicemente dimostrato con i fatti – visto che per qualcuno questa “resistenza” pare normale – che se il presidente non può parlare neppure con due rappresentanti delle istituzioni, figurarsi che ruolo possono svolgere i cittadini in questo contesto. Il nostro lavoro e quello del presidente Toti è stare in mezzo alle persone: se ciò è impossibile, è impossibile esercitare il ruolo. Aggiungo che, se quanto dimostrato finora non fosse già abbastanza e se il tema etico e di opportunità politica non fossero sufficienti, esistono, comunque, delle regole ben precise: all’art. 41, comma 2, dello Statuto Regionale, si dice che “Il Vice Presidente sostituisce il Presidente in caso di impedimento temporaneo”. Ebbene, alla luce dei fatti in essere e dopo l’esito del riesame, l’isolamento ai domiciliari di Toti, già in corso da due mesi, durerà certamente almeno altri quattro. Motivi etici e di diritto dovrebbero liberare la Liguria, senza se e senza ma”.
La Liguria costituisce un banco di prova per il cosiddetto “campo largo”. Un campo che esiste solo contro qualcuno, o perché condivide obiettivi e linee programmatiche? Su scala nazionale le distanze sembrano molte: dal riarmo dell’Ucraina alla giustizia.
“Come per il Governo, anche in Liguria, a Genova e in Regione, siamo all’opposizione: abbiamo già fatto molto, attraverso un percorso comune, ma tentare di presentare una proposta organica per sopperire alla mala gestione che già conoscevamo, ma che si è rivelata ancora più evidente, rappresenta, oggi, quasi un dovere. Certo, il Movimento non nasce per fare alleanze e trova al suo interno un percorso molto faticoso nel proporle. Ma dobbiamo anche fare tesoro di ciò che siamo riusciti a realizzare nella scorsa legislatura, quando eravamo al Governo: a volte è necessario scendere a compromessi, mai al ribasso però, per poter cambiare le cose. Le nostre battaglie, e lo rivendico a gran voce, sono diventate “di moda” anche tra chi, in realtà, si opponeva al “salario minimo legale”, alla “Spazzacorrotti”, al “Reddito di Cittadinanza”. Si può andare avanti solo se c’è un confronto alla pari e se c’è rispetto dei nostri valori e delle nostre peculiarità”.
Lei che da sottosegretario si è occupato di infrastrutture e trasporti, siede oggi nella IX Commissione, cosa pensa del caos taxi che vivono le città italiane in giorni in cui il turismo è esploso?
“È chiaro che il dl Asset non è servito a nulla, perché i taxisti sono in continua mobilitazione e minacciano lo sciopero. La primavera, a Roma e nelle altre metropoli italiane, è trascorsa con orde di turisti a frotte e con code indecorose fuori da stazioni e aeroporti per accaparrarsi un servizio. Talvolta è stato necessario attendere mezz’ora un taxi. Questo non è un buon biglietto da visita per gli stranieri che arrivano nel nostro Paese. Dopo 12 mesi siamo nella stessa situazione. Accontentare tutti non è possibile: su taxi e ncc servono interventi strutturali e non si può continuare a prendere tempo per meri scopi elettorali. Sui taxi avevamo proposto di analizzare i dati per fare una pianificazione corretta, magari modificando gli ambiti territoriali, ma siamo rimasti inascoltati. Ora andremo oltre presentando una proposta di legge che si spinge fino alla programmazione dei bandi per le nuove licenze”.
Intanto, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il blocco delle licenze Ncc dichiarandolo incostituzionale. Servirebbe una nuova legge quadro sul trasporto pubblico non di linea?
“Non sono abituato a commentare la Corte, ma a farne tesoro. È chiaro che servirebbe una legge; lo conferma il fatto che anche per Ncc abbiamo pronta una proposta di legge di regolazione del noleggio con conducente e l’attivazione del registro unico nazionale, con l’obiettivo di centralizzare e semplificare la gestione delle licenze facilitando i controlli”.
Questo è il suo secondo mandato alla Camera, stando allo statuto del M5S l’ultimo. Cosa pensa di questo vincolo? Non c’è il rischio di tenere fuori dalle istituzioni personalità valide che possono dare un contributo al Paese?
“È un tema che mi appassiona poco: basterebbe rispondere che è una regola fondativa e come tale va rispettata, ma è oggettivamente un argomento che rappresenta croce e delizia del Movimento. Dovessi fare alcune considerazioni posso dire che è una regola molto amata dagli attivisti, ma risulta incomprensibile per il resto del mondo che vede, nelle personalità emergenti, delle potenzialità che il M5S e la politica in generale andrebbero indubbiamente a perdere. Parlo, ad esempio, di specialisti di settore che sono diventati riferimenti politici anche all’esterno, ai quali, a un certo punto, viene detto “arrivederci e grazie”. Aggiungo che ora, forse, siamo anche un po’
“cresciuti”. Dopo l’esperienza delle Europee osservo che alcune cose stanno un po’ cambiando: mentre il nostro parere come deputati al secondo mandato è relativo perché siamo parte in causa, l’esperienza che sto vivendo come coordinatore mi ha permesso di percepire come tanti attivisti inizino a ricredersi, soprattutto laddove si cercano candidati dotati di nome, percorso e carisma; dove sarebbe utile poter spendere persone che sono sempre state fedeli al Movimento, capaci e dai profili interessanti, tali da poter guidare anche l’eventuale fronte progressista. Cosa che non si può fare. Per essere più pratici: se, per fare tornare certe figure a ruoli politici la rete si dovesse mai esprimere, credo che, in taluni casi, il risultato sarebbe bulgaro. Penso, ad esempio, al presidente Roberto Fico, che costituisce un patrimonio per il Movimento. A titolo personale attendo l’esito di quello che verrà deciso dalla prossima Costituente, che rispetterò con la solita immancabile deferenza”.