Con la proposta del presidente del Consiglio Ue Charles Michel “arriverebbero tagli inaccettabili per cittadini, imprese e agricoltori. Serve saggezza e visione strategica, non si può essere leader del mondo e fronteggiare potenze come Usa e Cina senza un budget adeguato”. Non ammette repliche il giudizio dell’eurodeputato M5S Piernicola Pedicini in merito al tanto discusso budget europeo su cui anche il governo italiano è stato molto critico: “Allo stato attuale – aggiunge – l’Italia è contributore netto al bilancio Ue di 4,1 miliardi di euro all’anno, il nostro obiettivo politico è quello di ridurre questa contribuzione netta”.
Come?
“Aumentando le risorse proprie dell’Unione, quelle risorse cioè che non provengono direttamente dalle tasche dei cittadini europei. Con una Carbon Tax e una vera Web Tax potremo finanziare il bilancio europeo tramite i profitti milionari di multinazionali che quasi sempre hanno la sede all’estero. Questo è un tema di giustizia sociale”.
Su quali punti la proposta di bilancio sarebbe secondo lei poco ambiziosa?
“Con la proposta Michel i tagli alla politica di coesione ammonterebbero a ben 56 miliardi, quelli alla politica agricola comune a 81 miliardi. È un colpo al cuore pulsante dell’Unione europea e cioè la politica agricola e di coesione. L’Italia sarebbe fortemente penalizzata e le conseguenze per le aree più arretrate del Sud sarebbero irreversibili”.
Crede che questa sia la prova che, al di là dell’Europarlamento, i Paesi membri siano ancora troppo legati a falchi e burocrati?
“Falchi e burocrati sono gli strumenti usati da alcuni Paesi per fare i propri interessi. Oggi in Europa ci sono due blocchi: i Paesi della periferia, più poveri, contro i Paesi del centro, più ricchi, ma questi ultimi hanno dalla loro già le regole fiscali dell’Ue che li avvantaggiano”.
Crede che l’unica posizione possibile su questo bilancio sia il veto?
“Dipende da come andranno i negoziati. L’Italia avrà un ruolo di capofila e di aggregazione dei Paesi periferici che chiedono più coraggio e ambizione. Ricordo infine che l’ultima parola ce l’ha il Parlamento europeo. Saremo noi, i rappresentanti dei cittadini, a dire sì o no al compromesso che verrà trovato a Bruxelles in sede di Consiglio. Questo dovrebbe essere tenuto in forte considerazione”.
Francia e Germania finora sono rimasti in silenzio. Come leggere la loro posizione?
“È probabile che si muovano senza apparire e che stiano dalla parte dei Paesi cosiddetti frugali: Olanda, Austria, Danimarca e Svezia che hanno posizione intransigenti e conservatrici”.
Su quali temi pensa bisogna essere più coraggiosi?
“I Paesi che utilizzano una pianificazione fiscale aggressiva, distorcendo il mercato interno, devono contribuire di più al budget europeo. Lussemburgo, Irlanda e Olanda, per esempio, con la loro fiscalità vantaggiosa fanno concorrenza in modo alquanto sleale agli altri Paesi drenando loro risorse fondamentali. In attesa di una riforma finale che combatta i paradisi fiscali interni all’Unione, è giusto che questi Paesi paghino di più. Il nostro obiettivo finale è un’Europa più equa, che guarda al futuro e non si ripiega su anacronistici interessi di parte”.