Fanno un po’ il gioco del poliziotto buono e del poliziotto cattivo. Il ministro per le Imprese, Adolfo Urso, sprizza ottimismo sul futuro di Stellantis. Quello dei Trasporti, Matteo Salvini, va all’attacco frontale dell’azienda e del presidente John Elkann. Partiamo da Urso, che ha avuto un colloquio con Elkann dal quale “sono emerse le condizioni per essere fiduciosi di poter condividere un piano Italia che vede il nostro Paese al centro dello sviluppo dell’auto europea”. Anche se finora Stellantis ha ignorato il governo, continuando a tagliare la produzione negli stabilimenti italiani.
Allora dall’altra parte c’è Salvini, che attacca la proprietà del gruppo, che “ha preso soldi in Italia per decenni per aprire fabbriche all’estero”. Per Salvini, “Elkann avrebbe già dovuto venire in Parlamento e con un assegno che ricordi quanti miliardi di euro di denaro pubblico quest’azienda ha incassato”. Tanto da parlare di comportamento “arrogante e spocchioso” di Stellantis. Linea simile anche per l’altro vicepremier, Antonio Tajani, secondo cui Stellantis avrebbe “il dovere morale di continuare a operare nel nostro Paese”.
Stellantis, Elkann snobba ancora il Parlamento
Per il momento, però, la maggioranza incassa un altro No da Elkann. In questo caso è il presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli, a spiegare che in un colloquio telefonico il presidente di Stellantis ha per il momento rifiutato l’invito per un’audizione in Parlamento, preferendo “attendere la chiusura del tavolo di interlocuzione con il ministero”, per poi trovare un momento successivo di confronto, spiega Gusmeroli. Dopo le dimissioni dell’ad, Carlos Tavares, Gusmeroli ha chiesto nuovamente a Elkann di essere ascoltato dal Parlamento. Mentre l’opposizione chiede anche – con Pd, M5s, Avs e Azione – un’informativa urgente della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in Aula sul futuro di Stellantis e dell’auto.
Porte chiuse anche in Ue sull’automotive
Il governo italiano, invece di pensare al futuro – necessariamente green – dell’automotive, continua a chiedere all’Ue di tornare indietro sul Green deal. Ieri lo ha fatto anche Meloni, ricordando che l’Italia chiede di rivedere il percorso verso l’addio ai motori termici nel 2035. E rivendicando che su quesot siamo “capofila in Europa”. Ma da Bruxelles aperture non ne arrivano: la vicepresidente della Commissione, Teresa Ribera, assicura che non ci sarà nessun passo indietro sullo stop ai motori diesel e benzina: “Non è una cosa che stiamo prendendo in considerazione e che praticamente nessuno sta prendendo in considerazione”. Ma ora ci sarebbe da pensare al futuro dell’auto in Italia, accompagnando la transizione invece di boicottarla.