Una campagna elettorale interminabile. Cinque mesi in apnea per avere quella investitura popolare del referendum che legittimerebbe il Governo. Aprendo una nuova fase politica con il bollino di una riforma che porta il nome della sua delfina, Maria Elena Boschi.
Matteo Renzi si è mosso con largo anticipo, annunciando l’impegno per la nascita di 10mila comitati per il “sì” al referendum sulla riforme istituzionali. “Io non sarei mai arrivato a Palazzo Chigi se non avessi avuto una straordinaria esperienza di popolo. Ora c’è una partita che da solo potrei anche vincere ma non basterebbe”, ha scandito il presidente del Consiglio. Un plebiscito sulla sua persona, altro che Costituzione. E in mezzo c’è una omissione: prima di ottobre c’è un altro appuntamento molto atteso come le elezioni comunali; argomento che il leader del Partito democratico preferisce non toccare. E, sondaggi alla mano, si capisce bene il perché: il Pd rischia troppo alle urne.
SGUARDO OLTRE – Per Renzi è meglio lanciare lo sguardo oltre la scadenza di giugno in cui non vuole metterci troppo la faccia. Perché c’è il rischio di sporcarsela con qualche rovinosa caduta. A Napoli Valeria Valente è data ampiamente fuori dal ballottaggio e la situazione a Roma non è molto migliore: Roberto Giachetti potrebbe non raggiungere il secondo turno dopo il sostegno di Silvio Berlusconi e Francesco Storace ad Alfio Marchini. Allora che fare? Meglio concentrarsi su una sfida meno impari come il referendum sulle riforme, derubricando il voto a una questione locale nonostante il peso delle Amministrazioni in palio. Certo nell’ambito renziano la tendenza è a minimizzare. “Elezioni e referendum sono momento diversi e hanno anche un’importanza diversa”, spiega un parlamentare della maggioranza. Dalla minoranza dem nessuno si straccia le vesti. La linea ufficiale è quello della lealtà. Ma in fondo qualche sconfitta darebbe vigore alle richieste dell’opposizione interna al premier. “Non si può negare che un risultato non positivo alle Comunali renderebbe Renzi più debole anche per il referendum”, dice a microfoni spenti un parlamentare dell’area bersaniana.
FURIA OPPOSIZIONE – La strategia “dell’uno contro tutti” ha però mandato su tutte le furie le opposizioni. “Stiamo parlando della Costituzione, delle regole comuni di ogni cittadino”, sbotta una deputata di Sinistra italiana. Che se la prende in parte anche con i cronisti: “Bisogna smetterla di parlare di referendum su Renzi a ottobre, è un voto sulla Costituzione”. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono sintonizzati i Radicali. “Va scongiurato il rischio che la Costituzione sia usata come arma, in una nuova guerra santa tra il Governo in cerca di legittimazione e i suoi oppositori in cerca di una spallata”, ragiona il segretario radicale Riccardo Magi. Che rilancia l’iniziativa di “esprimersi non su Renzi ma sul merito della riforma Boschi, votandola per parti separate o con i referendum parziali su singoli aspetti della riforma che stiamo sottoponendo a parlamentari di tutte le forze politiche”. Un voto sul merito delle questioni. “Quello che in fondo dovrebbe essere questo referendum”, sospira un deputato centrista.
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