Può un ex consigliere regionale (per due mandati consecutivi, dal 2004 al 2014), risultato il primo dei non eletti alle amministrative 2019 nel partito del poi presidente Christian Solinas, divenuto poco dopo l’elezione di Solinas, capo dell’ufficio stampa della Giunta Solinas (incarico fiduciario retribuito oltre 100 mila euro l’anno), dimettersi a sei mesi dal voto e andare a dirigere il Tg Rai Sardegna (che dovrà coprire le elezioni nelle quali Solinas si ricandiderà)?
In Sardegna sì, può… È l’incredibile vicenda che in questi giorni vede protagonista Ignazio Artizzu, giornalista Rai da anni prestato alla politica, uno degli uomini più fidati del governatore sardista-leghista. Un passato in Regione con Alleanza Nazionale prima, poi con Forza Italia, infine col Partito Sardo d’Azione.
Un mese e mezzo fa, a sorpresa, Artizzu ha dato le dimissioni dalla Regione e ha fatto richiesta di rientrare alla “casamadre”, cioè in Rai, dove è in predicato per sostituire Andrea Caglieris alla guida del Tg regionale. Una direzione possibile grazie anche alla promozione da caposervizio a caporedattore decisa da Alessandro Casarin, direttore della Testata Giornalistica Regionale Rai. Una designazione che ha fatto insorgere un po’ tutti: dall’Usigrai, al coordinamento Cdr Tgr e Cdr Tgr Sardegna.
Che non hanno certo mandato a dire cosa ne pensassero del ritorno di Artizzu in un comunicato congiunto di fuoco: “Con la direzione Casarin, già bocciata 2 volte da tutte le redazioni, e con l’avallo del vertice aziendale, stanno avvenendo fatti di inaudita gravità che minano direttamente alle fondamenta il servizio pubblico radiotelevisivo e la credibilità della testata e della Rai”, si legge, “Chiediamo alla Commissione parlamentare di Vigilanza se quanto sta avvenendo nella Tgr rispetti i canoni di autonomia e di indipendenza che devono caratterizzare l’informazione del servizio pubblico.
Di certo, come dimostrato in questi giorni a Milano e a Firenze, le redazioni della Tgr sono pronte a mobilitarsi per difendere l’autorevolezza della testata da nomine dettate dalla politica o gravate da evidenti conflitti di interesse”, conclude la nota. Ma le burrasche sono fatto quotidiano a casa Artizzu.
A partire dalle accuse di peculato per l’utilizzo di 186 mila euro di fondi pubblici (dalle quali Artizzu fu assolto nel 2018 perché, sostenne il pm durante la requisitoria del processo con rito abbreviato, non c’era stata l’intenzione da parte di Artizzu di commettere reato), fino alle polemiche che hanno investito l’estate scorsa sua moglie, l’astro nascente della tv by Meloni, Incoronata Boccia, promossa vicedirettrice del Tg1. Un avanzamento di carriera fortemente sponsorizzato dai nuovi vertici Rai a trazione Fdi, cioè Angelo Mellone, direttore del DayTime e, soprattutto, da Giampaolo Rossi, dg della Rai. I due sono sposati dal 2007 e la stessa Boccia era in forza alla Tgr Sardegna con la qualifica di vicecaporedattore prima del grande salto nazionale.
Mogli e fondi pubblici a parte, non è che gli anni di Artizzu alla guida dell’ufficio stampa regionale siano stati esenti da polemiche. L’ufficio da lui guidato era infatti finito al centro di una dura disputa legale con il quotidiano L’Unione sarda, che accusava l’ufficio stampa regionale di diffondere i suoi articoli nella rassegna stampa senza pagare i dovuti abbonamenti.
Nella perizia fatta dalla società NextStep per conto dell’Unione e allegata al ricorso cautelare presentato dalla società contro Regione Sardegna (che La Notizia ha potuto consultare), si legge anche come per molto tempo l’ufficio stampa regionale per confezionare la sua rassegna stampa “si è servito di un abbonamento intestato a un terzo soggetto, (…) un abbonamento annuale online intestato a RAI-Radiotelevisione italiana”. Cioè, qualcuno all’interno dell’ufficio stampa di Regione Sardegna usava abbonamenti della Rai destinati ad essere utilizzati solo da giornalisti in forza alla Rai, perché pagati con i soldi pubblici. Chi fosse questo qualcuno, in possesso delle utenze Rai, non si è mai saputo, perché Artizzu non l’ha mai rivelato. Né la Rai ha mai voluto indagare.