La domanda che si fanno quasi tutti è: cosa farà ora il Movimento 5 Stelle in Lombardia. La candidatura di Majorino infatti viene vista da molti come una reale possibilità di riavvicinamento per le elezioni regionali al partito di Conte anche se il quadro nazionale complica non poco la situazione lombarda. Na abbiamo parlato con Dario Violi, consigliere regionale del M5S.
L’ingresso in campo di Pierfrancesco Majorino è un’importante novità nello scacchiere lombardo. E adesso?
“Ma a noi cosa cambia che sia Pierfrancesco Majorino? Ai lombardi cosa cambia? Un gran pezzo dei lombardi chiede modalità e visioni completamente diversi, non è interessata ai nomi”.
Però sicuramente Majorino favorisce un confronto visto che è più vicino alle vostre idee, no?
“No. Noi se noi diciamo una cosa la manteniamo. Non la diciamo per dileggio. Da tempo chiediamo una visione comune sui temi e su un progetto e non su dei nomi. Sicuramente Majorino è più vicino a noi ma non ci dimentichiamo di quello che abbiamo detto fino ad ora. È una questione di metodo, non è il gioco di cambiare il candidato per ingolosirci”.
Ma almeno questo incontro per confrontare i temi con il Pd?
“Noi andiamo avanti sulla nostra strada. A giorni lanceremo le nostre proposte programmatiche, le basi minime, elaborate anche dopo l’incontro con Conte. I temi sono sempre gli stessi: sanità pubblica, ambiente. Dobbiamo lavorare per racontare una storia diversa da quella di Fontana e di Moratti che per noi pari sono. Se la trattativa sarà un ‘prendere o lasciare’ allora per noi è meglio lasciare”.
Nel Lazio un pezzo di sinistra si è staccata dal Pd per costruire un polo con il M5S e anche in Lombardia sembra che potrebbe accadere lo stesso. Avete contatti in corso?
“In alcuni territori della Lombardia qualche consigliere è stato contattato. È un segnale interessante e indica un posizionamento abbastanza chiaro. Al momento però non c’è un coordinamento lombardo su questo. Con chi ci vede al centro della scena siamo ben contenti di dialogare. Noi siamo siamo inclusivi, così anche con Majorino anche se la base è diversa. Questi vogliono condividere una visione con noi? Ben venga. Chi ha rincorso fino a ieri Calenda e discusso con Moratti invece non ci interessa”.
Si coglie un certo fastidio nelle sue parole per il comportamento del Pd. Sbaglio?
“Decisamente. Da un mese e mezzo dico che serve un’alternativa a Fontana. Qual è la visione comune? Cottarelli? Azione? Stanno sempre a discutere di contenitori, di leader. Prima di scegliere la casa con cui andare a vivere con mia moglie me la sposo no? L’opposizione comune potrebbe essere un fidanzamento ma poi quando ci si decide di sposarsi dobbiamo essere davvero sicuri”.
Non pensa che il tempo a disposizione però sia davvero poco?
“Il tempo non è un fattore. Fontana ha vinto con il 52% 40 giorni prima del voto. Era una coalizione ampia che raccontava la sua storia. Mi chiedo: dopo 28 anni di sconfitte in cui il mantra è sempre stato il nome non è ora di un ragionamento diverso? Non conviene cambiare metodo? Prima Sarfatti, poi Ambrosoli, poi Gori che era sindaco con la sua sconfitta più incredibile della storia. Ora ci provano con la sinistra del Pd. Ma non mancano i fondamentali? Non si ripete sempre la stessa storia? Farsi venire il dubbio che il problema non è la scelta del candidato? Anche perché questa volta non c’è il treno delle politiche”.
Però violi, non è che in Lombardia i 5S contino moltissimo in termini di voti…
“No. È un sfida: 5 anni fa abbiamo preso un milione di voti. Esiste una parte di Lombardia che crede noi. Abbiamo fatto degli errori. Sulla base di quelli dobbiamo raccontare storie diverse a chi è stato deluso”.