Neanche la malattia e la sofferenza di Andrea Camilleri è riuscita a salvarsi dall’irriverente penna di Vittorio Feltri. Dopo Più patate, meno mimose, in occasione dell’8 marzo, o gli insulti al Sud con il celebre Comandano i terroni e il Vieni avanti Gretina, dedicato alla visita a Roma di Greta Thunberg, il direttore di Libero, in buona compagnia degli haters che sui social ne auspicano la morte, è riuscito a dedicare un editoriale al popolare scrittore siciliano in rianimazione da lunedì scorso in cui afferma che “l’ unica consolazione per la sua eventuale dipartita è che finalmente non vedremo più in televisione Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni”.
Parole pesanti, inopportune, ribadite da Feltri anche ai microfoni de I Lunatici su Rai Radio2, che hanno spinto due giornalisti, Paolo Borrometi e Sandro Ruotolo, ad autosospendersi dall’Ordine. “Caro Presidente – scrivono nella lettera inviata al numero uno del Consiglio nazionale Carlo Verna -, abbiamo deciso di autosospenderci dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti perché ci consideriamo incompatibili con l’iscrizione all’albo professionale di Vittorio Feltri. Proprio noi, che più di altri, ci battiamo per la difesa dell’articolo 21 della Costituzione, riteniamo gli scritti e il pensiero del direttore Feltri veri e propri crimini contro la dignità del giornalista. Le parole di Vittorio Feltri su Andrea Camilleri e le sue opere – aggiungono – hanno rappresentato per noi la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ne va della credibilità di ognuno di noi e della nostra categoria. Adesso basta. O noi o lui”.
“L’idea che Vittorio Feltri offre – sottolineano i due giornalisti – è che si possa, impunemente, permettersi questo avvelenamento chirurgico. E non è un problema solo suo. Almeno, non lo è più. A lui non frega niente: il limite, la deontologia, la misura, il buon senso, diremmo perfino la dignità sembrano saltate da tempo. Noi siamo convinti che resti intatta la bellissima frase che recita ‘Non condivido le tue idee ma darei la vita per permetterti di esprimerle’. Continuiamo a batterci contro la censura e gli editti, ma non possiamo accettare tra noi chi istiga all’odio. Ne va della nostra credibilità”.
Verna ha risposto dicendo di condividere le ragioni espresse da Borrometi e Ruotolo e che se l’Ordine dei Giornalisti fosse un club si autosospenderebbe anche lui. “Ma non lo è – ha aggiunto il presidente dell’Odg in una nota rilanciata dalle agenzie – e l’istituto dell’autosospensione non esiste, ci si può semmai cancellare, astenendosi dallo svolgere la professione e, salvo il diritto d’opinione, poi iscriversi di nuovo quando sono cessate le ragioni di cui alla polemica”.
“L’occasione – aggiunge il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti – è opportuna per chiarire il funzionamento in base alla normativa vigente dei consigli di disciplina totalmente autonomi dopo la cosiddetta legge Severino rispetto all’Ordine e in ogni caso privi di poteri cautelari di sospensione, perché per fortuna esiste l’articolo 21 della Costituzione. Per cui Feltri, come chiunque altro, potrà semmai essere sottoposto al rituale procedimento disciplinare, al termine del quale ci sarà un pronunciamento che tutti, dal sottoscritto a Borrometi e Ruotolo, dovranno rispettare. Poi naturalmente le leggi si possono cambiare se il Parlamento lo volesse, e in tale senso il Consiglio nazionale ha già avanzato proposte di riforma per ciò che attiene ai giornalisti, mentre per quel che riguarda le separate funzioni disciplinari la normativa è la stessa per tutti gli ordini professionali”.
Dunque non resta che attendere che Feltri torni ad esprimere la sua opinione, con un altro editoriale, uno dei tanti scritti e titolati nella sua lunga carriera di direttore e nel suo stile, che è discutibile e può non piacere, ma che tale è, anche quando le circostanze consiglierebbero di tacere. Autosospendersi dall’Ordine per protesta, come hanno annunciato Borrometi e Ruotolo, contro un’opinione legittima anche se discutibile è inutile. Meglio sarebbe impugnare la penna e in stile Montalbano scrivere: “Caro Vittorio, ma che minchia dici?”.