Per un gioco di posizionamenti politici, non certo umanitari, le sorti di Gaza e dell’Ucraina sono finite ai lati opposti. Eppure entrambi i territori sono occupati da un invasore, entrambi subiscono la retorica di una legittima difesa dei loro straripanti nemici ed entrambi affrontano due autocrati – Putin e Netanyahu – che allegramente se ne fregano del diritto internazionale.
La differenza di trattamento si è potuta notare fin qui anche dal diverso atteggiamento della comunità internazionale: gli Usa e l’Unione europea hanno aiutato l’Ucraina con ingenti armamenti e hanno flebilmente finto di proteggere Gaza appellandosi al buon cuore del governo di Israele.
Le due situazioni ora sono diventate pari, nel peggiore e nel più prevedibile dei modi. Per Gaza, Trump ha lanciato l’idea di acquistarne il territorio – come nelle peggiori cleptocrazie – per farne un resort con grande giubilo di Netanyahu, che vedrebbe realizzata la diaspora palestinese. Ne faranno un resort e lo chiameranno pace. Per l’Ucraina, il presidente degli Usa ha pensato a una resa che fino a ieri era impraticabile perché ingiusta e a un possibile depauperamento delle terre rare. Ne faranno un supermarket minerario e la chiameranno pace.
Tra i sostenitori degli invasori a corrente alternata si è creato quindi il tilt: da Washington è arrivata una cartolina non fraintendibile su chi sono gli oppressi e chi sono gli oppressori. Ma soprattutto è tangibile l’idea di pace secondo alcuni e, conseguentemente, la loro idea di guerra giusta.