Perché “Madre natura”, alias Giuseppe Graviano, ora non prende in mano “l’onore” di cui si fregia e una volta per tutte non parla? Morto Silvio Berlusconi, che il boss di Cosa Nostra ha sempre lasciato intendere essere stato un buon amico e socio d’affari, ora Graviano non ha più nulla da perdere e nulla da guadagnare. Se fosse vero – come credono alcuni investigatori – che il boss palermitano aspettasse un “favore” dal fondatore di Forza Italia per scampare al 41 bis ormai quel patto è nullo.
La Procura di Firenze indaga sulle stragi del ’93. E spera che il boss Giuseppe Graviano vuoti il sacco su Berlusconi
Se invece quelle accuse sono tutte calunnie potrebbe spiegarci il senso delle sue parole intercettate nel 2016 nel carcere di Ascoli Piceno quando con il suo compagno d’ora d’aria, Umberto Adinolfi, parlava delle stragi del 1993, del 41 bis, dei dialoghi con le istituzioni e ad un certo punto fece riferimento all’ex premier: “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza”. E poi: “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa”. E ancora: “Nel ’93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia”.
A seguito di quelle dichiarazioni fu riaperto a Firenze il fascicolo sui mandanti esterni delle stragi. Quell’inchiesta non si chiuderà con la morte di Berlusconi. Rimane indagato Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia e a tutti gli effetti uomo di mafia, come sancisce la sentenza di Cassazione che che lo condannò a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Scrivono i giudici che per diciotto anni, dal 1974 al 1992, l’ex senatore Dell’Utri è stato il garante “decisivo” dell’accordo tra Berlusconi e Cosa nostra con un ruolo di “rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”.
Inoltre “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Cinà (Gaetano Cinà, boss mafioso, ndr) sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra”. Berlusconi, infatti, si era incontrato, come riferito dal collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo (testimone oculare, oggi deceduto), con boss di primissimo piano come Stefano Bontade, Cinà e Mimmo Teresi. Per i giudici della Suprema corte di Cassazione ci fu un “patto di protezione andato avanti senza interruzioni” di cui Dell’Utri era il garante per “la continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa, in cambio della complessiva protezione da questa accordata all’imprenditore”.
Nel 2020 Graviano, in una lunga deposizione nel processo ‘Ndrangheta stragista (il cui esito è stato definito in appello con la conferma integrale delle condanne per entrambi gli imputati, Graviano e Rocco Santo Filippone) ha aggiunto ulteriori elementi parlando di rapporti di natura economica della sua famiglia con Berlusconi e di incontri, durante la propria latitanza, con l’ex Premier. Rapporti sempre negati dai legali di Berlusconi. Nel 2021, sentito dai magistrati di Firenze, Graviano ha confermato che nelle intercettazioni in carcere i riferimenti erano proprio all’ex Presidente del Consiglio.
In più occasioni Graviano ha parlato di un patto. Ora potrà chiarire se stava soltanto millantando
Con due “Sì” secchi e taglienti Graviano ha confermato il riferimento a Berlusconi quando parlava della sua situazione carceraria (“Non hai fatto niente e ho aspettato fino adesso perché ho 54 anni e i giorni passano, gli anni passano, sto invecchiando eh no, tu mi stai facendo morire in galera… senza io aver fatto niente. Che sei tu l’autore… io ho aspettato, senza tradirti, ma ti viene ogni tanto in mente di passarti la mano sulla coscienza se è giusto che per i soldi… tu fai soffrire le persone così”) o ancora quando parlava delle stragi (“Lui mi dice: ci volesse una bella cosa”).
Del resto è lo stesso Graviano che secondo l’informativa della Dia del 9 marzo dell’anno scorso risultava essere latitante a Milano al secondo piano del palazzo Alberata, in un appartamento che il proprietario affidava attraverso la consulenza di Edilnord società del gruppo dei Berlusconi che ha costruito Milano 3. Da quelle stesse carte, come racconta il giornalista Marco Lillo per Il Fatto Quotidiano, sappiamo “che nel 1993 Graviano fa il Carnevale a Venezia quando lo organizza il gruppo Berlusconi (Publitalia Grandi Eventi) e – secondo la Dia – c’era in città anche Dell’Utri con altri manager del gruppo; ai primi di agosto è a Forte dei Marmi, dove per la Dia ad agosto in alcuni giorni c’erano i familiari di Dell’Utri; poi va in Sardegna, dove tra fine agosto e i primi di settembre fa capolino Marcello”.
“Con la morte di Berlusconi ora possiamo sperare che i Graviano decidano di collaborare con la magistratura”, ha detto ieri il fratello del giudice Paolo Borsellino, Salvatore. Forza, Graviano, parla, smonta questo castello di accuse (se sono calunnie) o trova il coraggio di dire ciò che hai bisbigliato a mezza bocca.