Così come è stata imbastita, la polemica per le frasi di Marcello De Angelis sulla strage di Bologna mostra una inspiegabile debolezza. De Angelis è attualmente il responsabile della Comunicazione per la Regione Lazio, retta da Fratelli d’Italia, ed è un grande amico personale di Giorgia Meloni, per la quale ho la stessa simpatia che avrei per un pescecane che mi addenta un piede mentre nuoto.
L’ex Msi Marcello De Angelis non si è limitato a criticare una sentenza. Ma ha assolto con “assoluta certezza” tre condannati
In passato De Angelis è stato un senatore del MSI, un attivista della formazione di estrema destra Terza Posizione e direttore de Il Secolo d’Italia, organo una volta del MSI e in seguito specchio della galassia variopinta del neofascismo italiano. La frase per cui si è scatenata la polemica, con richiesta di dimissioni, è la seguente, scritta da De Angelis su Facebook: “So per certo che con la strage di Bologna Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla. Non è una opinione io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e cariche istituzionali”.
Sorvolando sulla punteggiatura scarsa e la qualità scadente della prosa, non concordo con la polemica, così come è stata imbastita, sostanzialmente per due motivi. Il primo è che, in linea generale, deve essere consentito a tutti criticare una sentenza. Non esiste il diritto divino all’immunità giudiziaria. Il mondo è pieno di errori, di sentenze sbagliate, di innocenti condannati per prove mal valutate, per perversi meccanismi burocratico-giudiziari o addirittura per inconfessati interessi del corpo inquirente.
Gli obbrobri giudiziari non devo neppure ricordarli: vanno da Sacco e Vanzetti in America a Enzo Tortora a Napoli, passando per una fitta foresta di casi meno famosi, con migliaia o milioni di errori-orrori. In Inghilterra l’altro giorno è stato liberato un colpevole-innocente che si è fatto 11 anni di galera per uno stupro che non aveva commesso. In secondo luogo non concordo con la polemica delle opposizioni perché, a mio parere, è platealmente debole e strabica nel merito.
De Angelis non si è limitato a una banale critica della sentenza di Bologna, ma ha detto qualcosa di molto più grave: ha detto che lui “sa con assoluta certezza” che Fioravanti, Mambro e Ciavardini non furono gli autori materiali della strage. In un Paese serio sarebbe stato subito convocato dalla magistratura e gli sarebbe stato chiesto che cosa “sa” esattamente che gli altri non sanno, e in base a quali notizie può fare un’affermazione così grave e perentoria che scagionerebbe i tre terroristi già condannati in via definitiva.
Di fronte alle affermazioni del capo della comunicazione della Regione Lazio sulla strage di Bologna i magistrati glissano
De Angelis non è un pensionato delle Ferrovie che ha lanciato frasi in libertà al bar della bocciofila dopo due bicchieri di vino. È un uomo che fin da giovane (ha 61 anni) è stato organico a un mondo di confine tra legalità e illegalità, tra democrazia e ideologie neofasciste. Un uomo che, in quanto giornalista, dovrebbe ben conoscere le implicazioni delle sue affermazioni. Quelle frasi non sono un sospiro gettato al vento, ma al contrario sono scritte e meditate, e affermano che lui “sa con assoluta certezza”. È proprio questo il punto.
Ripeto: dovrebbe essere interrogato dai magistrati. Chiederne le dimissioni, come fa l’opposizione, è un pannicello caldo e nel contempo un diversivo che glissa completamente sulla sostanza della questione centrale: cosa sa “per certo” Marcello De Angelis? La sua non è neppure una “tesi negazionista”, come è stato scritto, o “una riflessione personale”, come afferma lui stesso in autodifesa. La sua è un’affermazione gravissima relativa all’evento più tragico della stagione degli “anni di piombo”. Quanto alle opposizioni all’acqua di rose, si potrebbe usare la geniale boutade di Ennio Flaiano: “La situazione è grave ma non è seria”.