Due sentenze. Due fatti distanti e diversi. Uno risalente al 2001, durante il G8, nella caserma Bolzaneto a Genova; l’altro al 2004 nel carcere di Asti. In entrambi i casi fu tortura. A dirlo, inequivocabilmente, è stata la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia, per l’ennesima volta, per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani. Ma partiamo dal primo. La Corte di Strasburgo ha riconosciuto che a Bolzaneto furono commesse violenze e abusi fisici e psicologici. “Fu accantonato lo stato di diritto”, come scrissero i giudici della Cassazione. Che però non hanno potuto condannare nessuno degli agenti che rinchiusero in caserma oltre 200 persone in tre giorni. Calci, pugni, derisioni, perquisizioni oltre il consentito, sevizie. Tutto è rimasto impunito. Al tempo, infatti, non esisteva il reato di tortura in Italia, introdotto nel nostro ordinamento soltanto a luglio, anche se sono in tanti a dubitare della sua reale efficacia in casi come quelli di Bolzaneto. E in casi come quello di Asti. Siamo nel dicembre 2004. I due detenuti vennero condotti nelle celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo intenso, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino, sedie, sgabello. Gli venne razionato il cibo, impedito di dormire, furono insultati e sottoposti nei giorni successivi a percosse quotidiane anche per più volte al giorno con calci, pugni, schiaffi in tutto il corpo e giungendo, nel caso di uno dei due, a schiacciargli la testa con i piedi. Nel 2012 la sentenza di primo grado. Il giudice scrisse nelle motivazioni che i fatti avvenuti nel carcere erano vere e proprie torture, ma non essendoci in Italia una legge che le punisse si dovette procedere con la contestazione di reati di più lieve entità e quindi verso i colpevoli di queste violenze, per varie ragioni, non si potè procedere. Tutti impuniti, anche in questo caso.
Numeri e precedenti – C’è da stupirsi? Probabilmente no. In effetti non sono pochi coloro che decidono di ricorrere contro il nostro Stato alla Corte di Strasburgo per violazioni riguardanti il rispetto e la dignità umana. Basti questo: al 30 settembre 2017, i ricorsi pendenti contro il nostro Stato sono ben 4.850. Peggio di noi, su 47 Stati totali, fanno solo Russia, Ucraina, Turchia, Ungheria e Romania. Stati che non sono proprio noti per il rispetto delle condizioni umani. Nel corso dell’ultimo anno, d’altronde, secondo quanto riportato sul sito ufficiale della Corte europea dei diritti dell’uomo, in 15 casi i magistrati si sono espressi condannando l’Italia per violazione della Convenzione dei diritti dell’uomo. Anche qui, però, non c’è da stupirsi. La nostra storia è disseminata di violazioni. Dal 1956 al 2016 si contano 2.351 sentenze pronunciate dalla Corte di Strasburgo contro il nostro Stato. Peggio di noi in questa speciale serie storica, solo la Turchia che è arrivata a quota 3.270 violazioni. Nel dettaglio, non brilliamo soprattutto in fatto di ragionevole durata dei processi (più di 1.200 sentenze di risarcimento riguardano proprio questo aspetto) e, nell’ultimo periodo, per il rispetto della dignità umana nelle carceri. Per l’appunto. La domanda ora che in tanti si fanno è se, con la nuova legge sul reato di tortura, episodi come quello di Asti o come quello di Bolzaneto potrebbero ripetersi. “Dal punto di vista normativo – ci spiega Alessio Scandurra, di Antigone – la nuova legge prevede violenze reiterate e provate. E in entrambi i casi, sia a Bolzaneto che ad Asti, queste si sono verificate e sono documentate. Il problema però è vedere poi nei fatti se la legge troverà la giusta applicazione”. La ragione, in un certo senso, è culturale: “Se la norma fosse stata approvata all’unanimità, sarebbe stato diverso. Invece, com’è risaputo, ci sono partiti e soprattutto alcuni sindacati di polizia che sono assolutamente contrari alla legge. Questo potrebbe portare chi deve poi applicare la legge ad avere i piedi di piombo”. Un rischio non di poco conto.
Tw: @CarmineGazzanni