Ancora scossa dal cosiddetto caso Palamara, dalle manovre attorno alle nomine emerse dalle chat e dalle conversazioni dell’ex numero uno dell’Anm intercettato nell’ambito di un’inchiesta per corruzione aperta dalla Procura della Perugia e allargatasi a quello che è diventato noto alle cronache come il sistema, la magistratura è stata investita da un nuovo scandalo. Questa volta è legato al dossieraggio, a documenti che sarebbero stati fatti uscire dal Csm e recapitati ad alcuni quotidiani e non solo, per cercare di colpire qualche toga e pure parte della politica.
Materiale che Il Fatto Quotidiano sostiene, rendendosi conto di cosa potesse esserci dietro, di non averlo utilizzato e di aver subito segnalato la vicenda alla Procura di Milano, mentre il Domani, approfondendo quel carteggio, sta facendo una serie di servizi incentrati sull’attività professionale dell’ex premier Giuseppe Conte, ai quali lo stesso ex presidente del Consiglio ha già replicato respingendo insinuazioni e accuse (qui il suo post).
IL PUNTO. I dossier sono relativi a una serie di dichiarazioni fatte dall’avvocato Piero Amara (nella foto), ex legale dell’Eni, coinvolto in diverse inchieste pesanti su sentenze pilotate e scandali internazionali, contenute in verbali d’interrogatorio coperti da segreto, tutti recapitati senza firma né timbri. Un caso sollevato all’interno del Plenum dal magistrato Nino Di Matteo, lo stesso giorno in cui il Domani ha pubblicato alcuni verbali in cui Amara sostiene di aver favorito Conte, facendogli ottenere una consulenza dal gruppo Acqua Marcia nel 2012 grazie a Michele Vietti, ex deputato dell’Udc e vicepresidente del Csm.
Affermazioni già smentite sia da Conte che da Vietti. Di Matteo ha riferito al plenum del Csm di aver ricevuto un plico anonimo, contenente una copia informatica e priva di sottoscrizione dell’interrogatorio reso da un indagato, ovvero Amara, davanti all’autorità giudiziaria nel mese di dicembre 2019. Il magistrato ha quindi aggiunto di aver informato subito la Procura di Perugia e di temere che tale dossier sia stato un tentativo di condizionamento dell’attività dello stesso Consiglio superiore della magistratura.
Gli interrogatori a cui è stato sottoposto Amara da parte delle Procure di Milano, Perugia e Roma, contengono inoltre accuse anche ai danni del magistrato Sebastiano Ardita, consigliere del Csm e in prima fila nella corrente Autonomia e Indipendenza, indicato come un iscritto a una loggia massonica. Accuse anche queste respinte da Ardita davanti ai pm di Perugia.
LA SVOLTA. Ieri i procuratori capo di Milano e Perugia, Francesco Greco e Raffaele Cantone, hanno fatto sapere che le indagini sul caso di dossieraggio sono passate alla Procura della Repubblica di Roma, visto il “luogo di consumazione del reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio”. Saranno così gli inquirenti capitolini a dover appurare esattamente chi ha diffuso i verbali di Amara e per quale motivo.
La Guardia di finanza, su delega dei magistrati di Milano e Roma, ha intanto già ricostruito le modalità con cui alcuni verbali di Amara sono stati recapitati a Il Fatto Quotidiano e il Domani nell’ottobre 2020 e nel febbraio scorso. Una vicenda che, come raccontato proprio dal Fatto, coinvolgerebbe una funzionaria del Csm, Marcella Contrafatto, ex segretaria di Piercamillo Davigo, sospettata di essere la postina, quella che ha recapitato il dossier ai diversi quotidiani, anche se resta da capire per conto di chi e con quali finalità.
LE REAZIONI. “Apprendiamo da diverse fonti di stampa che una funzionaria del Csm, sino ad ottobre segreteria del consigliere Davigo, avrebbe diffuso carte riservate relative alle note vicende della procura di Roma. Il tema, in questa Aula, non è per conto di chi lo avrebbe fatto e per quale motivo, ma cosa siamo tenuti a fare noi, colleghi”, ha dichiarato ieri la deputata azzurra Giusi Bartolozzi
“Il dato che desta allarme – ha aggiunto – è che nella seduta del plenum del Csm, pur dopo la denuncia fatta da un consigliere, sia caduto un silenzio tombale sulla questione”. Critico anche il deputato renziano Michele Anzaldi. “Ci aiuteranno le maggiori trasmissioni di inchiesta – ha twittato l’esponente di Italia Viva – a fare luce? Se ne occuperanno Report, le Iene, Striscia la Notizia?”. L’ennesima bufera sulla magistratura ancora alle prese col caso Palamara.
Le parole di Davigo e la sospensione della funzionaria del Csm.
“Ho informato chi di dovere” ha detto all’Ansa Davigo parlando della vicenda del caso che coinvolge il pm Storari e dei verbali con le dichiarazioni di Amara. Non c’è stato nulla di irrituale” ha aggiunto l’ex magistrato secondo il quale Storari, per “autotutela”, si rivolse a lui come “consigliere del Csm che conosceva”, perché in procura non gli consentivano di procedere all’iscrizione delle notizie di reato scaturite dai verbali dell’avvocato Pietro Amara, e gli portò quelle carte.
“Ritengo inusuale quello che era accaduto a monte – ha poi aggiunto al Tg2 Davigo -, cioè che un sostituto procuratore della Repubblica lamentasse che non gli consentivano di iscrivere una notizia di reato. Non posso parlare del contenuto di quei verbali, posso solo dire che per fare le indagini bisogna iscrivere una notizia di reato, che siano vere o che siano false le cose dette, e non è pensabile di ritardarle ingiustificatamente”.
“C’è stato un ritardo a mio giudizio non conforme alle disposizioni normative nell’iscrizione della notizia di reato – ha detto ancora l’ex magistrato -, e un ritardo conseguente nell’avvio delle indagini. Non è questione di lotte interne, è questione che c’è un soggetto che fa delle dichiarazioni di estrema gravità, che siano vere o false, o che siano in parte vere e in parte false, è necessario fare le indagini per saperlo”.
Intanto, si è appreso sempre questa mattina, è stata sospesa dalle sue funzioni Marcella Contrafatto, impiegata del Csm a Palazzo dei Marescialli e già segretaria, per l’appunto proprio del consigliere Davigo e poi con il componente laico in quota M5S, Fulvio Gigliotti. La donna, ora sotto inchiesta con l’accusa di calunnia, nei giorni scorsi ha subìto una perquisizione su ordine della Procura di Roma.
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