Dopo una settimana di polemiche, il consigliere Gianluigi Morlini si è dimesso. Una mossa inattesa che rende ancor più evidente lo stato di crisi di un Csm dilaniato dai veleni. Una vicenda che ingrandendosi era arrivata a lambire il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, tirato in ballo da alcune dichiarazioni dell’ex ministro Luca Lotti. Quest’ultimo, in alcune intercettazioni, avrebbe vantato legami diretti con il Colle da cui è subito arrivata una secca smentita: “Il Presidente non si è mai occupato né ha mai parlato di nomine con i magistrati”.
TRAME OSCURE. Nell’incertezza che regna sovrana sulla magistratura italiana, da tempo assistiamo ad un gioco al massacro intorno al Csm. Corridoi di procure e tribunali, come anche giornali e televisioni, sono diventati la valvola di sfogo per chi partecipa a quello che sembra un tutt’altro che appassionante totonomi dove si rincorrono indiscrezioni, mezze verità e talvolta quelle che sembrano semplici illazioni. Così quando dall’inchiesta emerge che ci sarebbero altri due consiglieri del Csm, in aggiunta ai quattro già autosospesi, coinvolti nelle cene con i politici e prima ancora che i loro nomi diventino di dominio pubblico, si scatena una ben poco edificante caccia all’uomo.
Una girandola di ipotesi dette sottovoce e ben lungi dall’essere confermate in via ufficiale, su cui tutti, privatamente, sono pronti a giurare. Peccato che parlando con persone diverse, i nomi varino e non di poco, talvolta arrivando a coinvolgere anche chi ha sempre combattuto contro questi giochi di potere. In questo modo attorno ad una notizia, ossia quello che il numero di consiglieri coinvolti è salito di due unità, non essendo nota la loro identità, si creano le premesse per dare la spallata finale al Csm che, per effetto dell’inchiesta sul pubblico ministero Luca Palamara, è paralizzato da settimane. Per giunta nel periodo in cui l’organo di autogoverno delle toghe si stava apprestando a sciogliere alcuni importantissimi nodi a partire dalle nomine dei procuratori capo di Roma, Perugia e Brescia. Un pressing martellante che forse ha come scopo quello di spingere il presidente della Repubblica Mattarella a sciogliere il Consiglio e indire nuove elezioni con cui rivoluzionare gli attuali assetti correntizi.
GUERRA APERTA. Quel che è certo è che questa guerra interna alle toghe sta avendo pesantissime ripercussioni che vanno ben oltre il rinvio, ormai certo, delle nomine di alcuni tra i maggiori uffici giudiziari d’Italia. Ieri infatti il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha preso posizione promuovendo in prima persona l’azione disciplinare nei confronti dei quattro consiglieri togati del Csm che si sono autosospesi e degli altri magistrati coinvolti. In questo quadro dove non ci sono vincitori ma solo vinti, rischiano il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale lo stesso Palamara, accusato di corruzione, e il collega Stefano Rocco Fava a cui è contestato il favoreggiamento. Posizioni delicate perché centrali nell’inchiesta della Procura di Perugia e su cui la prima commissione del Csm potrebbe prendere una decisione nei prossimi giorni se non addirittura oggi stesso. Al vaglio della stessa Commissione ci sono anche le posizioni dell’ex consigliere del Csm Luigi Spina, dei tre togati di Magistratura Indipendente Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli e del consigliere Gianluigi Morlini che nei giorni scorsi ha lasciato Unicost.
Il presidente della Repubblica, nel pomeriggio di oggi, ha indetto per i prossimi 6 e 7 ottobre le elezioni suppletive per sostituire i due membri togati del Consiglio superiore della magistratura dimissionari.