“Ho sempre amato il Leone d’Oro di Venezia. Un leone che vola su ali d’oro. È l’essenza dell’arte, non è vero? L’essenza del cinema”. Forse bisognerebbe partire da queste poche parole, rilasciate a caldo, per comprendere David Cronenberg. Il regista canadese sarà premiato al prossimo Festival di Venezia che si terrà ad agosto prossimo. Un Leone d’Oro alla carriera per chi, nella sua produzione artistica, ha inventato, ha osato, ha creato. Bene ha detto, a riguardo, Alberto Barbera, il direttore del festival di Venezia, ha detto: “Benché in origine Cronenberg sia stato relegato nei territori marginali del genere horror, sin dai suoi primi film scandalosamente sovversivi il regista ha mostrato di voler condurre i suoi spettatori ben al di là del cinema di exploitation, costruendo film dopo film un edificio originale e personalissimo”.
Esperimenti riusciti – Questo il senso più profondo del cinema cronenberghiano. Un cinema crudo, reale e realistico, in cui l’immaginazione c’è ma è sempre al servizio della realtà, intesa nel suo senso più “splatter”. Capolavori come History of violence o come eXistenZ sono pietre miliari dei lungometraggi più innovativi del Novecento. Senza dimenticare La mosca che, a giusta ragione, è considerato film d’inaugurazione di un genere nuovo come il cosiddetto body horror, in cui i sentimenti di orrore e paura nello spettatore vengono creati attraverso la rappresentazione di deformità fisiche del corpo, espedienti allegorici per simboleggiare quanto e come l’uomo abbia perso la sua umanità, si sia deformato, ora perché preso dalla sua bestialità, ora perché vittima della tecnologia. Ecco cosa è riuscito a costruire un genio di culto come Cronenberg: la deformità del corpo che si accompagna alla degenerazione mentale dell’individuo. Come nel caso dello spettacolare Crash, dove addirittura gli amplessi dei protagonisti trovano sfogo soltanto negli incidenti mortali tra macchine. O come Il pasto nudo dove la deformità questa volta non la si ottiene con la mosca, ma con un enorme scarafaggio.
Preveggente – Certo, non basta un breve ritratto per comprendere le tante ragioni di un premio più che meritato al regista che pochi mesi fa ha compiuto i suoi 75 anni d’età. Perché Cronenberg ci ha fatto inorridire mostrandoci l’uomo, ci ha mostrato il lordume che siamo e che ci rende, nel tempo stesso, umani, ci ha mostrato per quel che siamo diventati: schiavi delle pulsioni e della tecnologia. Due anni fa Nathan Jurgenson, brillante studioso dei social media, scriveva: “Videodrome è il miglior film mai fatto su Facebook”. Ecco, quel film (altra opera da annoverare tra i capolavori del regista) è del 1983. Un film reale e preveggente, che aveva capito 25 anni prima degli altri che “i media non sono uno spazio separato, ma qualcosa che scava nella mente e nella carne e può controllare la tua mente”. Basta questo per capire che il Leone d’Oro è un premio alla straordinaria carriera di un artista che ha vestito i panni da regista per espremire il suo estro e la sua filosofia. Facendo capire agli altri la brutalità del loro essere.