Siamo arrivati al ventitreesimo mese consecutivo di calo della produzione industriale. Dicembre 2024 si è chiuso con un -7,1% su base annua. Un crollo questo che fa male per le sue dimensioni e la sua intensità. Eppure, appena qualche giorno prima, la premier Giorgia Meloni alla Cisl aveva ribadito l’importanza che il governo attribuisce al confronto con settori produttivi, lavoratori e imprese. Pensiamo, un po’, se non gli attribuisse importanza. I dati smontano la sua propaganda.
Tonfo della industria a dicembre 2024: -7,1% su anno
A dicembre 2024 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca del 3,1% rispetto a novembre. Al netto degli effetti di calendario, a dicembre l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 7,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 contro i 18 di dicembre 2023).
Il 2024 si chiude con una diminuzione della produzione industriale del 3,5%; la dinamica tendenziale dell’indice corretto per gli effetti di calendario è stata negativa per tutti i mesi dell’anno, con cali congiunturali in tutti i trimestri, commenta l’Istat.
Tiene solo l’energia, crollano auto, moda e metallurgia
Tra i principali raggruppamenti di industrie, solamente per l’energia si registra un incremento nel complesso del 2024, prosegue l’Istat. Nell’ambito della manifattura, solo le industrie alimentari, bevande e tabacco sono in crescita rispetto all’anno precedente, mentre le flessioni più marcate si rilevano per industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori e fabbricazione di mezzi di trasporto.
Nella media del quarto trimestre il livello della produzione si riduce dell’1,2% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+0,9%); mentre cala per i beni strumentali, i beni di consumo (-3,3% per entrambi i settori) e i beni intermedi (-3,6%).
Su base tendenziale si registra una crescita esclusivamente per l’energia (+5,5%); al contrario, marcate diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali (-10,7%), i beni intermedi (-9,5%) e i beni di consumo (-7,3%).
Gli unici settori di attività economica che registrano a dicembre incrementi tendenziali sono l’attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5,0%).
Flessioni particolarmente marcate si rilevano, invece, nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-23,6%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,6%).
Urso prova a giustificarsi: crisi europea
“La crisi della produzione industriale non è italiana, ma europea, a partire da paesi come la Germania. La nostra idea è rafforzare la nostra posizione di seconda industria manifatturiera europea, anche perché la Germania ha problemi strutturali maggiori dei nostri”, prova a giustificarsi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
Ma sindacati e opposizioni non se la bevono. “La presidente Meloni, e con lei il Ministro Urso, ne traggano le conseguenze e soprattutto la smettano di scaricare su altri le loro responsabilità”, dice il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo. “I numeri non hanno pregiudizi e, come in questo caso, la tossicità è propria di chi assiste inerte a questo disastro”.
“Una devastazione del nostro sistema produttivo e ci ritroviamo con le bollette più care d’Europa. Famiglie e imprese si ritrovano alle prese col caro bollette e caro energia. E ancora, più 30% della cassa integrazione”, ha detto il presidente del M5S, Giuseppe Conte. “Meloni e ministri, ma di che cosa vi state occupando? Ma state governando? Ma siete capaci? Pensate a fare la guerra ai magistrati. A quali magistrati? Quelli che ieri hanno arrestato 180 mafiosi? Ma per piacere”.
E il Movimento Cinque Stelle chiede in massa le dimissioni di Urso.