Quello del Morandi è stato un crollo doloso. Ne sono convinti i pm di Genova che, indagando sulla tragedia del 14 agosto di due anni fa nel capoluogo ligure, che ha causato 43 vittime, hanno aggravato le accuse per gli ex vertici di Autostrade per l’Italia. Il quadro accusatorio è stato rivisto dalla Procura della Repubblica di Genova alla luce di quanto emerso nell’inchiesta sulle barriere fonoassorbenti considerate pericolosissime per gli utenti.
In quell’indagine, culminata con gli arresti degli ex manager di Aspi, tra cui l’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, l’ex direttore delle operazioni centrali Paolo Berti, e l’ex direttore delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli, gli inquirenti hanno ritenuto che i vertici della società concessionaria abbiano voluto risparmiare sulla manutenzione della rete per accrescere gli utili del gruppo Atlantia, falsificando atti al fine di nascondere le mancate manutenzioni, e che fossero consapevoli del pericolo.
Abbastanza per far ipotizzare il crollo doloso del Morandi, un’accusa che, se confermata alla fine dell’eventuale processo, prevede pene molto più severe. Per contestare il crollo doloso serve un fatto diretto e per i pm è rappresentato dalla mancata manutenzione e dagli atti falsi. Sempre per la Procura della Repubblica di Genova, inoltre, dopo il dramma, Donferri Mitelli e Berti furono promossi, un regalo fatto dalla società ai due affinché non accusassero Castellucci. Il prezzo del loro silenzio. Il primo fu mandato in una società spagnola controllata sempre dai Benetton e il secondo venne destinato ad occuparsi di appalti per Aeroporti di Roma spa.
LE CARTE. I giudici del Tribunale del Riesame, che si sono pronunciati sui ricorsi presentati dagli arrestati nell’ambito appunto dell’inchiesta sulle barriere fonoassorbenti, per quanto riguarda il crollo del Morandi hanno specificato che vennero redatti dei falsi report sulle “ispezioni, sulla valutazione di sicurezza richiesta dall’ordinanza del Presidente del Consiglio e sulle verifiche di sicurezza antisismiche”. Un’ordinanza in cui è stato anche sottolineato che Berti, condannato in primo grado per la strage di Avellino, quella del bus precipitato in cui morirono 40 persone, intercettato diceva di aver coperto con le sue dichiarazioni le responsabilità di Castellucci.
Sempre per i giudici del Riesame, è stato poi “artatamente inquadrato come intervento locale il progetto di retrofitting”, ovvero quello sul rinforzo delle pile 9, quella caduta, e 10, “con elusione dei controlli e avallando affermazioni inveritiere”. Nelle comunicazioni con il Ministero dei trasporti, Aspi si sarebbe inoltre caratterizzata per bugie e omissioni, lasciando il Mit “nell’ignoranza circa lo stato effettivo del patrimonio autostradale”.
Tanto che il Riesame definisce eclatante “la connessione qualificata tra tutte le indagini” relative ad Aspi, “tutte riguardanti omessi e lacunosi controlli, con le correlate manutenzioni sulle strutture autostradali, al fine di risparmio sulle spese e di aumento degli utili da distribuire, con ovvio riconoscimento di rilevanti incentivi economici ai dirigenti che li permettevano, il tutto in totale spregio della sicurezza degli utenti delle autostrade”. Zero sicurezza per gli utenti, dunque, grandi affari per i Benetton e premi ai dirigenti artefici del sistema. Dopo il crollo del Morandi venne infine, cancellata una chat tra Berti e Donferri Mitelli, in cui sui cavi corrosi del ponte Berti scriveva: “Sti cazzi ….. io me ne vado”.