di Martino Villosio
Gli allarmi c’erano stati, da almeno due anni le segnalazioni arrivavano puntualmente. Mail sempre più preoccupate e solleciti verbali “a chi di competenza”. Nessuno ha mai preso provvedimenti, pur in presenza di un gravissimo pericolo per la sicurezza del pubblico e dei lavoratori in un’immobile che accoglie alti magistrati e impiegati amministrativi del Ministero della Giustizia.
Ieri mattina, arrivando di buon’ora in ufficio, alcune dipendenti del Tribunale di Sorveglianza di Roma hanno trovato la loro stanza – al primo piano di un palazzo proprio di fronte alla Corte di Cassazione – letteralmente invasa da macerie. Una delle scrivanie, addirittura, completamente distrutta e sommersa dai calcinacci. Alzando lo sguardo, hanno capito il perché: un grosso pezzo di controsoffitto in cemento si era staccato, abbattendosi al suolo e insieme al lampadario al neon, un pesante quadrato sostenuto da cavi.
Tragedia sfiorata
Il cedimento si è verificato in un immobile di proprietà dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, un palazzo costruito nel Ventennio che ospita in affitto gli uffici del Tribunale di Sorveglianza di Roma e della Procura Generale. Allo stesso piano del crollo, tanto per capirsi, a poche decine di metri di distanza dalla stanza in cui si è sfiorata la tragedia, c’è l’ufficio di un magistrato con alle spalle una brillante carriera, oggi Procuratore Generale.
Il tutto è sicuramente avvenuto tra il tardo pomeriggio di mercoledì, quando l’ultima dipendente si chiusa alle spalle la porta dell’ufficio, e la nottata di ieri. Oltre alla scrivania completamente travolta, i pezzi precipitati dal soffitto hanno distrutto o danneggiato computer, sedie ed effetti personali. Ed è inutile sottolineare che, se il crollo si fosse consumato in orario di lavoro, avrebbe potuto essere fatale per le impiegate e chiunque fosse stato presente in quel momento.
Gli allarmi ignorati
Oggi si scopre che da almeno due anni le dipendenti impiegate in quella stanza tempestavano di mail sempre più allarmate i dirigenti dell’ufficio, denunciando la ragnatela di crepe – sempre più minacciose – che progressivamente si allargava nel soffitto al di sopra delle loro teste. Crepe che, con il passare del tempo, erano diventate delle vere e proprie fessurazioni.
L’ultima mail spedita da una delle dipendenti, con preghiera di prendere provvedimenti (anche questa rimasta senza risposta) è recentissima. Risale alla mattinata di due giorni fa. Indirizzata, come le altre, al consegnatario (un dipendente amministrativo incaricato di gestire le richieste di intervento), al dirigente del personale amministrativo e al magistrato a capo della commissione prevista dalla legge 626, la normativa che regola la tutela della della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Eppure fino alla mattina di mercoledì, come documenta anche una foto scattata a poche ore dal crollo, le dipendenti hanno vissuto con una sinistra “Spada di Damocle” sopra la testa senza che le loro richieste di intervento venissero accolte.
Il sopralluogo
Ieri i Vigili del Fuoco hanno immediatamente sigillato la stanza, mentre le dipendenti che hanno rischiato di essere travolte dal crollo sono state “appoggiate” in un altro ufficio. Non è escluso che si proceda con ulteriori accertamenti su eventuali negligenze commesse da chi, sistematicamente sollecitato, non ha affrontato la situazione. Si è appreso che i lavori di sistemazione del soffitto avrebbero dovuto essere a carico dell’associazione che affitta l’immobile al Ministero della Giustizia, alla quale il consegnatario dell’ufficio si sarebbe rivolto in almeno un’occasione per segnalare il problema. Anche se, alla fine della scorsa estate, un sopralluogo condotto nell’edificio aveva addirittura dato esito negativo.