Cristina Mazzotti: chi era e perché dopo 47 anni è stato riaperto a Milano il caso relativo al sequestro e all’omicidio volontario della giovane?
Caso Mazzotti riaperto dopo 47 anni: il legame con la ‘ndragheta
A distanza di 47 anni, il caso di Cristina Mazzotti è stato riaperto in seguito all’infaticabile lavoro svolto dai pm di Milano Alberto Nobii e Strafano Civardi e dalla squadra mobile.
La giovane è stata sequestrata a scopo di estorsione a 18 anni: il rapimento si è, poi, concluso con l’omicidio della ragazza. A quanto si apprende, i quattro soggetti indagati per sequestro e omicidio volontario sarebbero stati esponenti della vecchia “mala” milanese legata alla ‘ndrangheta.
La 18enne è stata la prima donna a essere stata rapita dall’Anonima sequestri in Italia Settentrionale
Cristina Mazzotti, chi era e perché è stata rapita?
Il 1° luglio 1975, Cristina Mazzotti è stata rapita all’esterno della sua villa di Eupilio, situata nelle vicinanze di Como. In seguito al rapimento, il padre della ragazza ha ricevuto una richiesta di riscatto pari a 5 miliardi di lire. Un mese dopo aver ricevuto la richiesta, l’uomo era riuscito a racimolare un miliardo e cinquanta milioni che diede ai sequestratori senza però rivedere sua figlia.
All’epoca dei fatti, i pm di Milano asserirono che la giovane Cristina Mazzotti sarebbe stata segregata in una buca con scarsa possibilità di muoversi e poca area. Inoltre, è stato riferito che la 18enne fosse costretta ad assumere “massicce dosi di tranquillanti e eccitanti”: il mix fu la causa della sua morte.
La data della morte è stata stimata tra il 31 luglio e il 1° agosto 1975, proprio nelle ore in cui suo padre stava consegnando il riscatto ai rapitori.
Il corpo della vittima venne trovato nel settembre 1975 quando, nel primo giorno del mese, una telefonata anonimaricevuta dai Carabinieri indicò alle forze dell’ordine di scavare in una discarica di Galliate, in provincia di Novara. Nella discarica, venne recuperato il cadavere della 18enne.
Per il sequestro e l’omicidio di Cristina Mazzotti, sono stati indagati Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò, Antonio Romeo e Antonio Talia. Tutti gli indagati decisero di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Perché dopo 47 anni si riapre il caso della morte di Cristina Mazzotti?
Il primo processo sul caso Mazzotti si concluse a Novara con 13 condanne, tra le quali otto ergastoli. Le condanne vennero rivolte a fiancheggiatori ma non a esecutori materiali.
Nel 2007, si è verificata una svolta nel caso grazie all’istituzione di una nuova banca dati: on questo contesto, un’impronta digitale è stata associata a Demetrio Latella. La prova, tuttavia, venne respinta dal gip per mancanza di esigente cautelari l’arresto richiesto dalla Procura di Torino. Ciononostante, Demetrio Latella ammise spontaneamente di essere stato uno dei sequestratori e fece il nome di altre due persone.
Nel 2012, il fascicolo passato a Milano per competenza territoriale è stato archiviato mentre il sequestro di persona e l’omicidio volontario aggravato sono andati in prescrizione.
Nel 2015, però, una sentenza delle sezioni unite della Cassazione aveva decritto come “imprescrittibile” il reato di omicidio volontario. L’avvocato della famiglia Mazzotti, Fabio Repici, quindi, ha presentato un nuovo esposto. Il legale era stato anche parte civile per la famiglia del magistrato Bruno Caccia, originario di Torino, ucciso nel 1983: l’avvocato Repici ha sempre sostenuto che Latella avesse avuto un ruolo cruciale nell’omicidio.