di Monica Setta
”Sono molto preoccupato, disoccupazione e precarietà si impennano, tutto il resto tracolla. È vero che nonostante la crisi e l’allarme debito i mercati non soffrono grazie alle mosse del Giappone e della Banca centrale europea, ma la situazione italiana è esplosiva. Se continua così chi ci garantisce dal rischio di tensioni sociali?”. Parla Edoardo Garrone, classe 1961, presidente del colosso petrolifero genovese Erg, imprenditore molto ascoltato nel salotto di Confindustria e numero uno dell’Unione calcio Sampdoria Spa. L’intervista di Garrone a La Notizia comincia dal dato sui bilanci familiari in rosso: il potere d’acquisto delle famiglie italiane cala del 5% nel 2012 mentre il reddito disponibile scende drasticamente nello stesso periodo del 3,2. Non solo, le buste paga dei lavoratori non sono mai state così misere dal 1990 e non stupisce che la spirale negativa avvolga la propensione al risparmio, i consumi e gli investimenti delle imprese che si riducono sensibilmente a fronte di profitti ogni giorno più bassi. E come se non bastasse, ragiona Garrone, quasi 5 milioni e mezzo di lavoratori attendono il rinnovo del contratto in una situazione generale di alta tensione con aziende che chiudono e posti di lavoro persi. Gli angeli custodi dell’euro in questo momento sono il presidente della Bce Mario Draghi e il premier giapponese Shinzo Abe, ma gli elementi per un nuovo sconquasso sui mercati ci sono – teoricamente – tutti. E c’è anche e forse soprattutto, a sentire l’imprenditore genovese, il rischio di tensioni sociali nel Paese che ad oltre 40 giorni dalle elezioni naviga ancora a vista senza governo e alla vigilia dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica dopo Giorgio Napolitano.
Il calo del potere d’acquisto delle famiglie, una netta contrazione del reddito disponibile e una netta riduzione della propensione al risparmio. Che cosa significa per l’economia italiana?
“Sono dati molto preoccupanti che avranno certamente un impatto negativo sull’economia: fino a ieri il sistema Paese aveva un debito molto alto finanziato dal risparmio delle famiglie. La riduzione del potere d’acquisto, i bilanci familiari in rosso rischiano di avere ripercussioni automatiche sui consumi accentuando la crisi italiana che già è di per sê molto complessa. Forse anche noi imprenditori non siamo riusciti a comunicare in modo chiaro l’entità del pericolo, è giusto evitare allarmismi, ma è arrivato il momento di non usare mezzi termini e di dire ciò che molti pensano. Se continua così, chi ci metterà al riparo dall’esplosione di tensioni sociali? E non penso soltanto alla piazza, gli ultimi sessanta anni della storia d’Italia sono pieni di momenti difficilissimi. Oggi più che mai la politica avrebbe dovuto esprimere un senso pieno di responsabilità e invece l’italia prosegue nella navigazione a vista senza un governo che possa intervenire immediatamente con provvedimenti urgenti sull’economia”.
Eppure il governo ha appena partorito il decreto che sblocca una parte dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Come giudica questo primo passo?
“Insufficiente, innanzitutto, e poi il meccanismo è troppo burocratico, complicato. Qui stiamo parlando di liquidità che appartiene alle aziende stesse, non di aiuti da parte della politica. Un’impresa che deve riuscire a recuperare quanto gli spetta di diritto non dovrebbe avere lacci burocratici perchè già aspetta di incassare da tempo il dovuto, non un euro di più. La verità è che la politica sta dimostrando in questa fase il suo lato peggiore. Che cosa si può dire di una classe dirigente che non riesce a dare un governo al paese in un momento di criticità come quello che stiamo vivendo? Penso a tutto il tempo perduto finora dalla politica mentre l’economia si avvia giorno dopo giorno verso il default lasciando sul terreno posti di lavoro persi e aziende che chiudono definitivamente i battenti. Fossi stato nei panni del segretario del Pd Pierluigi Bersani avrei cercato comunque di fare il governo per varare provvedimenti economici urgenti e la legge elettorale prima di tornare al voto. È lampante che sarà questa la prospettiva, ma riandare alle urne con l’attuale legge elettorale ė inutile”.
Cosa avrebbe dovuto fare secondo lei il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano?
“Napolitano ha fatto quanto doveva e poteva fare. Anzi, a mio avviso ha dimostrato con l’insediamento delle commissioni dei saggi la volontà di trovare una piattaforma d’intesa. Napolitano ha agito sicuramente bene e adesso non sarà facile dal 18 aprile trovare un suo degno successore. Non voglio entrare nella lista di quelli che si esercitano a fare nomi di questo o di quello, dico soltanto che in questa delicatissima fase politica ed economica, per il dopo Napolitano ci vuole una persona di grande esperienza e prestigio anche internazionale. È importante che prevalga l’interesse generale del paese che ha profonda necessità di essere rappresentato da un capo dello Stato che sappia guardare più al “bene comune” che all’interesse particolare, cioè di parte. Oggi più che mai va salvaguardata l’istituzione perchè la corsa di alcune forze politiche alla destrutturazione istituzionale potrebbe diventare molto pericolosa”.
Destrutturare però è un’esigenza se teniamo conto della necessità di creare uno stato più “leggero” meno burocratico e di tagliare i costi della politica…
“Concordo, ma un conto ė ridurre i costi della politica o abbattere i livelli asfissianti di burocrazia per rendere la macchina statale meno “pesante”, un altro è dare un messaggio sbagliato da parte di alcuni che attaccano al cuore le istituzioni della Repubblica. Bisogna stare attenti a non cadere nella trappola di certe forze politiche che finiscono per danneggiare l’istituzione in un momento in cui è proprio la politica “migliore” che deve garantire la tenuta sociale del Paese. Penso ai grillini, ma in passato ci sono stati anche altri partiti che hanno alimentato, fosse in buona fede, l’anti politica. La nostra situazione economica, come ho già detto, è altamente rischiosa. Finora gli scudi di Draghi hanno respinto la speculazione, Francoforte e Tokio sono i due elementi a cui si aggancia l’euro per non soccombere in una nuova crisi del debito. Ma i focolai di tensione restano accesi”.
Ha ragione. Infatti a Cipro ci sono controlli sui movimenti di capitali, Nicosia potrebbe essere costretta ad uscire dall’euro mentre la Spagna rischia un ulteriore declassamento dalle agenzie di Rating e la Francia non riesce a riportare sotto controllo il suo disavanzo pubblico. Come dire che l’economia si avvita in una recessione sempre più profonda, la ripresa ė lontana e l’Italia naviga a vista….
“E quello che non si dice abbastanza che la responsabilità di questa nostra situazione è soprattutto della politica che avrebbe dovuto coagulare le sue forze migliori cercando la convergenza piuttosto che la distanza nell’interesse dell’economia e del Paese. Il costo sociale della crisi non é stato ancora calcolato con esattezza. Il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi è stato fra i primi a lanciare l’allarme con intelligenza, ma finora nessuno ha saputo cogliere realmente la drammaticità del momento storico che stiamo vivendo. Se le aziende chiudono, le famiglie restano senza sostentamento a causa della mancanza del lavoro, prima o poi, le tensioni sociali rischiano di riaccendersi con conseguenze nefaste per tutti. È per questo che nel convegno che si terrà a Torino domani e il 13 noi imprenditori privati faremo la nostra parte, come abbiamo sempre fatto, lanciando un Sos alla politica. A Torino si mobilita la piccola impresa che rischia a questo punto di pagare il prezzo più alto della crisi. La politica deve darci risposta concrete, abbiamo bisogno di un governo e non possiamo più consentirci di aspettare. Ogni giorno che passa, ci avvicina al default