In Italia, la crisi climatica non è solo una realtà drammatica, ma anche una narrazione lasciata ai margini, soprattutto nei media tradizionali. Mentre il cambiamento climatico si manifesta con eventi sempre più estremi, il secondo quadrimestre del 2024 conferma – nel monitoraggio di Greenpeace Italia e Osservatorio di Pavia che da due anni analizza l’informazione sui cambiamenti climatici in Italia – che i quotidiani italiani hanno dedicato solo 4,5 articoli al giorno alla questione, e appena il 25,6% di questi affrontava il tema in modo centrale. Questo, nonostante il contesto drammatico di ondate di calore record e siccità devastanti.
La distribuzione delle priorità dei media si scontra con una realtà sconcertante: nei principali quotidiani italiani, nel periodo considerato, sono apparse ben 454 pubblicità di aziende oil&gas, automotive e del settore crocieristico. Questi numeri sono un’ombra pesante sull’informazione: non solo riducono lo spazio per la copertura del cambiamento climatico, ma contribuiscono a una normalizzazione delle aziende più responsabili della crisi ambientale.
Pubblicità contro contenuti: chi vince nei quotidiani
Se confrontiamo i 1.206 articoli prodotti dai quotidiani con le 454 pubblicità di aziende inquinanti, il dato emerge con forza: per ogni due articoli, c’è quasi una pubblicità che celebra il progresso – o il greenwashing – di chi ha contribuito in modo sostanziale alla crisi. E, nonostante le apparenti buone intenzioni di alcune campagne, solo il 14,5% degli articoli menziona le cause antropiche del cambiamento climatico, e meno del 3,3% fa riferimento ai combustibili fossili. Semplicemente, si preferisce parlare di adattamento o mitigazione senza incolpare i veri responsabili.
Non è tutto. Lo spazio per le aziende inquinanti non si limita alla pubblicità: il 20,4% degli articoli include interviste o citazioni di rappresentanti delle stesse aziende, consolidandone il ruolo di interlocutori privilegiati. La voce di chi propone alternative, come scienziati e ambientalisti, rimane invece marginale.
Politica e media: un rapporto ambiguo
Il rapporto tra media e politica non migliora il quadro. I leader politici italiani, dal 1° maggio al 31 agosto 2024, hanno rilasciato solo 76 dichiarazioni sulla crisi climatica, di cui il 38% conteneva resistenze o critiche agli interventi necessari. Matteo Salvini, per esempio, ha definito il Green Deal europeo “un suicidio”, mentre Giorgia Meloni ha ribadito la necessità di “neutralità tecnologica”, evitando però di affrontare la questione dei sussidi ai combustibili fossili. Queste narrative di resistenza trovano eco nei quotidiani, dove il 14,3% degli articoli contiene critiche alla transizione ecologica, spesso non contestualizzate o contraddette.
La centralità marginale della crisi climatica
La crisi climatica è al centro di pochi articoli e notizie televisive. Nei telegiornali, la media è di appena 0,4 notizie al giorno per rete, e anche quando viene citata, solo il 31,1% delle volte è trattata come tema principale. Questo dato conferma come il cambiamento climatico non sia una priorità narrativa: troppo spesso, viene relegato a una cornice ambientale, separandolo da questioni economiche e politiche che sono invece centrali per gli interessi dei lettori e degli elettori.
Un’opportunità mancata
Mentre l’Italia continua a subire i costi economici e sociali del cambiamento climatico, il sistema mediatico preferisce cedere spazio alle pubblicità dei grandi colossi piuttosto che informare sulla gravità della situazione. Con un’informazione più responsabile, il pubblico potrebbe comprendere meglio l’urgenza di interventi decisi. Ma finché i principali quotidiani preferiranno soddisfare gli inserzionisti piuttosto che il diritto all’informazione, la transizione ecologica sarà sempre un miraggio lontano.