Il 16 marzo partirà su Rai3 il suo programma, Sapiens, che sarà centrato proprio sulla crisi ambientale e sulle sfide che attendono il nostro Paese e il mondo intero. “Cercheremo di colmare una piccola lacuna dato che sulle questioni ambientali il servizio pubblico non ha mai dedicato spazio da un punto di vista divulgativo”, spiega a La Notizia il geologo Mario Tozzi. E di informazione ce ne vuole tanta, specie alla luce della denuncia di ieri dell’Onu secondo cui milioni di persone rischiano di morire da qui al 2050 a causa proprio dell’inquinamento globale. “Ma tutto il mondo è a rischio”, spiega ancora il ricercatore del Cnr.
Nessuno è al sicuro, dunque?
“Assolutamente no. I fattori di crisi ambientale, dal clima all’inquinamento alle risorse che finiscono, riguardano tutto il pianeta. Certo, può resistere maggiormente il Paese più avanzato o quello che è più lontano dalle aree desertiche. Ma parliamo di una crisi globale: non c’è una parte del globo che è immune, sono tutti gli umani in sofferenza”.
Eppure si parla di benessere diffuso, specie nelle aree più industrializzate.
“Ci illudiamo che far durare la vita più a lungo significa più benessere per tutti, ma in realtà non è così. È un’illusione”.
Nel corso degli anni, però, sono stati sottoscritti numerosi accordi e protocolli sui cambiamenti climatici. A cosa sono serviti?
“Beh, il protocollo di Kyoto ha stabilito una regola laddove prima c’era solo una deregulation selvaggia, dato che nessuno si preoccupava di nulla. In più ha contribuito ad avviare un’economia green e di riconversione ecologica. In sintesi ha mostrato come il problema dell’inquinamento fosse reale”.
E dopo Kyoto?
“Il nulla. I protocolli successivi non hanno ottenuto nulla di nuovo o di migliore. Lo stesso accordo di Parigi è servito a poco. D’altronde se tu fai un accordo su base volontaria già fa ridere; se poi nessuno controlla fa ridere ancora di più. Nessuno controlla nulla e tutti dicono “sì, io sono stato bravo”. La politica dei Paesi ignora completamente questo aspetto. L’unico che non lo ignora al mondo è il Papa. E oggi anche il nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella”.
Partiamo dall’Italia: cosa si dovrebbe fare per cambiare rotta?
“Ci vorrebbero dei cambiamenti drastici: uscire dall’utilizzo dei combustibili fossili da qui a dieci anni. Non c’è più tempo da perdere, ma nessuno si è messo in quest’ottica. Rischiamo di vedere il punto di non ritorno negli specchietti retrovisori”.
Quali sono gli effetti sul nostro Paese di tale situazione?
“L’inquinamento contribuisce pesantemente ai cambiamenti climatici. E questi nel nostro Paese sono responsabili delle perturbazioni metereologiche a carattere violento che sono in aumento. Lo studio del Cnr dell’altro ieri mostra come siano in aumento manifestazioni climatiche estreme, con buona pace di chi ci diceva che la Groenlandia era sempre verde e dunque dovevamo stare tranquilli. E invece il cambiamento climatico esiste, porta una serie di sconvolgimenti che non sono naturali perché accelerati dall’uomo”.
Dal 16 marzo su Sapiens si parlerà proprio di questo.
“Sapiens va a colmare una piccola lacuna sulle questioni ambientali, dato che di tale argomento non si trattava fino ad ora nel servizio pubblico. Sapiens lo fa non come denuncia, ma sotto il profilo di approfondimento conoscitivo e culturale. Colmiamo una lacuna e speriamo ora di farlo bene”.
L’informazione a riguardo potrebbe essere fondamentale, specie alla luce di quanto denunciato dall’Onu…
“Cercheremo di far emergere questi dati critici tramite il confronto tra luoghi intatti e luoghi deteriorati e cercheremo di fornire anche qualche soluzione. L’impianto è basato su cose viste sul campo e lette con impianto culturale e scientifico”.
Cosa dobbiamo aspettarci nella prima puntata?
“Parleremo dei fiumi, per l’appunto uno dei termometri del degrado ambientale. Vedremo i fiumi intatti dell’Italia e del mondo: il Tagliamento e il Nido nella sua parte alta. Li metteremo a confronto con i fiumi deteriorati: il Sarno, il fiume più inquinato d’Europa, e il Citarum River, il fiume più inquinato del mondo in Indonesia. E in questo confronto vedremo anche un fiume dato per morto e resuscitato: l’Isar di Monaco di Baviera, dove la gente oggi fa il surf sul fiume in città. A riprova che nulla è perduto”.