“Uno strumento come il reddito di cittadinanza, senz’altro perfettibile, non va indebolito nella sua struttura universalistica, né depotenziato finanziariamente, se non vogliamo che la lotta alla povertà rimanga uno slogan”. Parola di Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana. Perché è vero che la ripresa economica e occupazionale in Lombardia c’è, ma non è per tutti.
E se il rapporto Bankitalia elaborato per la regione e presentato l’altro giorno rileva un aumento del Pil di 3,8 punti percentuali, la conferma che la “locomotiva d’Italia” marcia a due velocità, accentuando il divario tra un nucleo sempre più ristretto di ricchi e una platea sempre più ampia di poveri, arriva proprio dalla Caritas ambrosiana, nel nuovo Rapporto sulla povertà nel quale rileva un quadro di “povertà che si estendono”.
L’allarme nell’ultimo Rapporto della Caritas. In Lombardia il 23,3% di chi ha un impiego non arriva a fine mese.
Prendendo in esame un campione di quasi 15mila persone aiutate da 137 centri d’ascolto territoriali, la situazione occupazionale vede ancora prevalere le persone disoccupate (51,8% del totale degli aiutati), ma in ulteriore forte espansione appare il segmento degli occupati (23,3%, valore aumentato del 58,2% negli ultimi 7 anni). Ciò spiega perché sempre meno chi accede a un centro d’ascolto chieda un lavoro, e sempre più spesso segnali problemi di reddito (69,3% degli utenti): tale condizione caratterizza il 71,8% degli utenti italiani (erano il 63,2% nel 2019) e addirittura il 77,5% delle persone occupate che accedono ai centri d’ascolto e ai servizi.
I bisogni di reddito sono diffusi, e relativi a ordinarie esigenze di vita e sostentamento (non a costose emergenze improvvise): è la situazione sperimentata da ben 3 su 4 occupati part time e di quasi 2 su 3 occupati full time che si rivolgono ai centri e servizi Caritas. Tra gli occupati del campione che accusano insufficienze reddituali, le professioni più frequenti sono lavori domestici (25%) e assistenza agli anziani (23%).
Le conseguenze delle diffuse carenze reddituali, si legge nel Rapporto, sono facilmente immaginabili: “Gli operatori e i volontari Caritas sempre più spesso si sentono rivolgere dagli utenti una richiesta (tipicamente emergenziale) di beni materiali e servizi, che sopravanza ormai nettamente ogni altro tipo di richiesta (lavoro, casa, orientamento ai servizi, assistenza legale, supporto a percorsi di inclusione)”.
Una richiesta espressa dal 49,2% degli utenti, con un incremento del 31% rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemico (nonché anno rispetto al quale sono aumentate del 20,1% le sole richieste di beni alimentari). Alcune significative considerazioni sono infine riservate dalle 67 pagine del Rapporto alla composizione del nucleo familiare degli utenti di centri d’ascolto e servizi, e in particolare alle implicazioni tra dinamiche di povertà e presenza di minori. L’87,1% dei nuclei con minori che si rivolgono a Caritas ha problemi di reddito. Tutto converge nel far ritenere la presenza di figli piccoli o adolescenti un fattore di infragilimento di fronte al rischio di povertà”.
Dice ancora Gualzetti: “Bisogna preoccuparsi della ormai notevole e crescente presenza, tra i poveri, di tante persone occupate, alcune con contratti regolari, altre precarie, altre sottopagate. Da queste evidenze e queste consapevolezze bisogna partire, se si vuole veramente combattere la povertà, evidenziando anzitutto la necessità di serie politiche di superamento del precariato lavorativo e di definizione di accettabili minimi salariali”. Nel frattempo in Lombardia, terza regione in Italia per numero di richieste di Rdc e prima al Nord, si è passati da oltre 81mila nuclei che percepivano reddito o pensione di cittadinanza ad aprile 2022 a poco più di 61.300 ad aprile 2023.