Sotto la spinta dell’esercito russo, cadono uno dopo l’altro i villaggi e le città del Donbass. Come avviene ormai da settimane, non passa giorno senza che il Cremlino avanzi lungo tutta la linea del fronte, aggiungendo qualche conquista. L’ultima di queste è il villaggio di Kopanki, nella regione ucraina di Kharkiv. Una marcia apparentemente inarrestabile che sta mettendo seriamente in crisi l’esercito di Volodymyr Zelensky, già fiaccato da mesi di forniture militari tardive e di modesta entità.
Su questo scenario si moltiplicano i timori di un possibile collasso, soprattutto alla luce dell’ormai imminente avvento di Donald Trump alla Casa Bianca e del probabile disimpegno americano dal teatro bellico. Proprio per questo, dal G7, l’ultimo a cui ha preso parte l’amministrazione statunitense di Joe Biden, all’Ue e alla Nato, si continua a ripetere che “bisogna fare di più” per aiutare l’Ucraina.
A esprimersi in termini molto chiari è stato il Commissario alla Giustizia Didier Reynders, intervenuto alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo. Reynders ha sottolineato che “l’aiuto militare” attualmente fornito a Kiev “rimane insufficiente per far girare la guerra in favore dell’Ucraina. Dobbiamo aumentare la nostra assistenza militare: più difese aeree, munizioni e armi a lungo raggio”. Ha poi aggiunto che, della prossima tranche da 1,9 miliardi di euro proveniente dagli asset immobilizzati russi, la Commissione Ue propone di destinare 1 miliardo all’industria della difesa ucraina, così da accelerare la produzione di nuovi armamenti per sostenere la resistenza contro l’invasore russo. Lo sfruttamento dei proventi dagli asset russi è stato inoltre al centro della riunione del G7, che ha confermato la necessità di proseguire su questa linea e di incrementare il sostegno militare a Kiev.
Il Cremlino aumenta la pressione sull’Ucraina e la Nato e il G7 corrono in soccorso di Zelensky
Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, è colui che più di tutti sta spingendo sulla linea bellicista dell’Occidente. La speranza dell’ex premier dei Paesi Bassi, concordata con il presidente uscente degli Stati Uniti, è quella di potenziare il fronte est del Patto Atlantico e, al contempo, garantire il supporto a Kiev nei mesi a venire, limitando così i margini di manovra di Trump. “Dobbiamo rafforzare la nostra deterrenza e difesa, anche incrementando gli investimenti e la produzione nel settore della difesa”, ha spiegato Rutte durante una conferenza stampa congiunta con il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis.
“La buona notizia è che abbiamo nella Nato l’Alleanza di cui abbiamo bisogno per difendere ogni centimetro del nostro territorio”, ha sottolineato, indicando la Grecia come un modello da seguire. Rutte ha elogiato il Paese ellenico per l’industria della difesa in forte crescita, con investimenti in armamenti che superano il 3% del Pil. Inoltre, la Grecia ospita importanti strutture di addestramento ed esercitazioni e si è distinta per il sostegno deciso fornito all’Ucraina sin dai primi giorni dell’invasione su vasta scala da parte della Russia nel febbraio 2022. Come ulteriore prova del suo impegno, Rutte ha ricordato che Atene ha recentemente firmato un accordo di sicurezza bilaterale con Kiev. Non solo: il leader della Nato ha ringraziato la Grecia per aver accelerato l’addestramento dei piloti e dei tecnici ucraini chiamati a utilizzare gli F16 forniti dall’Occidente.
PUGNO DURO
Il Cremlino, dal canto suo, ritiene che dietro le decisioni del G7 e della Nato ci sia lo zampino di Biden. Dmitri Peskov, portavoce del presidente Vladimir Putin, ha dichiarato che da Mosca “continuiamo a notare con preoccupazione che l’amministrazione uscente di Washington preferisce continuare sulla strada di un’ulteriore escalation”, nonostante “la posizione della Federazione Russa sia stata espressa in modo chiaro dal presidente Putin”.
Quest’ultimo si è detto disponibile a negoziare la fine delle ostilità, “e non abbiamo dubbi che questa posizione sia stata ben ascoltata dai Paesi occidentali”. Tuttavia, i negoziati, avverte Peskov, non potranno portare a un congelamento del conflitto – un’ipotesi circolata nei mesi scorsi e sempre osteggiata dalla Russia – ma dovranno invece condurre a una pace duratura che tenga conto della situazione sul campo di battaglia.