Una cosa è certa. Se la missione numero uno di questo governo di salute pubblica doveva essere quella di tirarci fuori dall’emergenza pandemica, dopo il record degli oltre 170mila contagi di ieri, l’obiettivo è stato clamorosamente fallito. La pandemia, ovviamente, non è colpa di Draghi come non lo era di Conte che lo aveva preceduto. Ma la sequenza di errori inanellati dal governo dei Migliori è ormai sotto gli occhi di tutti.
Non si è fatto nulla per la scuola l’estate scorsa, nonostante le avvisaglie di una nuova ondata autunnale alle porte, limitandosi a prescrivere il distanziamento in classe “ove possibile” e le finestre aperte anche d’inverno. Non si è fatto niente per alleggerire la pressione sui trasporti pubblici, inevitabile veicolo di contagio soprattutto nelle grandi città. Si è partiti in ritardo con le terze dosi che cominciano pure a scarseggiare.
Si continua a fare la guerra allo smart working nella pubblica amministrazione nonostante le raccomandazioni in senso contrario arrivate dalle autorità sanitarie europee. E quando ormai era chiaro che il vaccino non ci avrebbe messo al riparo dal contagio – ma solo dalla forma grave della malattia – si è atteso troppo per fare l’unica cosa che si sarebbe dovuta fare prima: introdurre l’obbligo delle mascherine FFP2, unica barriera al dilagare del virus.
Va bene che l’Italia non è esattamente la patria del merito. Ma il premier di un governo che sulla pandemia non ne ha azzeccata una in undici mesi può davvero ambire a diventare presidente della Repubblica restando serio?