Per il padre dell’Autonomia differenziata, il ministro leghista Roberto Calderoli, si tratta di un giorno storico. Esultano i governatori leghisti mentre quelli del Pd si preparano a mobilitarsi in massa per contrastare il progetto del Carroccio che punta a dare più poteri e competenze alle Regioni. Fatto sta che il Consiglio dei ministri, pare tra gli applausi, ha dato il primo via libera al testo che opposizioni e sindaci del Sud hanno definito lo spacca-Italia e la secessione dei ricchi.
La Lega esulta per il via libera di Palazzo Chigi al ddl sull’Autonomia differenziata. Ma i suoi alleati vogliono riscriverlo in Parlamento
Un primo semaforo verde che arriva alla vigilia delle elezioni regionali per dare alla Lega la possibilità di sventolare la propria bandierina. “La patriota Meloni paga a Salvini la tassa per tenerlo in maggioranza e di fatto svende l’unità d’Italia per qualche punto percentuale in più in vista della competizione alla regione Lombardia e nel Friuli Venezia Giulia in prospettiva”, attacca il leader del M5S, Giuseppe Conte.
Il premier Giorgia Meloni prova a farsi garante dell’unità d’Italia e a fugare i dubbi che prima di tutto nutrono lei stessa, il suo partito e gli alleati di Forza Italia. E che sono stati “parzialmente” ammortizzati coinvolgendo nell’iter della riforma maggiormente il Parlamento. “Con il disegno di legge quadro sull’Autonomia puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa”, prova a tranquillizzare.
“Grazie al decisivo contributo di Forza Italia, non ci saranno cittadini di serie A e di serie B. Questo è l’avvio di un percorso che dovrà essere condiviso in Parlamento, dove il testo potrà essere ulteriormente migliorato”, mette le mani davanti Silvio Berlusconi. Ma la Lega che spera di portarla a casa entro la fine dell’anno dovrà arrendersi a un tortuoso percorso, ricostruito dall’Ansa, verso la sua piena attuazione che coinvolgerà, a più riprese, Governo, Parlamento, Conferenza unificata e Regioni.
Il testo del ddl Calderoli andrà ora alla Conferenza unificata
Uscito ora da Palazzo Chigi, il testo andrà alla Conferenza unificata. Nel caso in cui questa decidesse di intervenire, il Cdm sarebbe costretto a riceverlo, riapprovarlo e inviarlo una seconda volta in Conferenza. Qualora, invece, il testo non subisse interventi, potrebbe tornare in Consiglio dei ministri per il via libera definitivo. Dopo l’ok del governo, a quel punto toccherà al Parlamento, dove la legge seguirà il consueto iter di approvazione.
Da qui in poi, potrà parallelamente prendere le mosse l’istituzione della Cabina di regia, il cui compito sarà quello di stabilire i Livelli essenziali di prestazione (Lep) entro la fine dell’anno. La definizione dei Lep è proprio il delicato meccanismo su cui la riforma ha rischiato di impantanarsi. Motivo per cui, si è deciso di coinvolgere ampiamente le Camere. La Cabina di regia, quindi, prenderà parecchi mesi per soppesare le materie a cui applicare i Livelli essenziali di prestazione e per definire i costi e i fabbisogni standard.
Prima di approdare in Parlamento servirà un Dpcm
Alla termine di questo iter, toccherà nuovamente al Consiglio dei ministri emanare un Dpcm per ogni Lep individuato. Dpcm che dovrà prima trovare l’intesa della Conferenza unificata, e poi arrivare alle Camere. Poi sarà il turno delle Regioni, che potranno inviare la proposta di intesa al Consiglio dei ministri. Passaggio al quale seguirà la valutazione dei ministeri competenti. Potrà così cominciare il negoziato governo-Regioni, al termine del quale il Cdm approverà l’intesa preliminare.
Intesa su cui diranno la loro la Conferenza unificata, prima, e le Camere, poi. Dopo l’ok delle Aule, sarà Palazzo Chigi a siglare l’intesa definitiva, che verrà approvata dalla singola Regione, per poi tornare in Cdm, dove avverrà l’approvazione definitiva con disegno di legge.