Nonostante l’aumento degli acquisti online, in Italia c’è un settore che esiste e resiste. È quello della vendita diretta a domicilio o – per dirla semplice – del porta a porta. Un comparto che nel 2023 ha fatturato la bellezza di 3 miliardi di euro, impiegando quasi 550mila persone. Solo le imprese iscritte a Univendita, l’associazione nata nel 2010 che aderisce a Confcommercio, l’anno scorso hanno registrato un giro d’affari di 1,58 miliardi e segnato una crescita del 4,6% di addette donne (che superano il 91% del totale) rispetto al 2022. Ora però una serie di norme, nazionali e comunitarie, rischia di “minacciare” il buono stato di salute del settore. Nell’ultima Manovra, ad esempio, il governo ha provato a infilare una riforma “mascherata” di questa tipologia di vendita.
Alla fine non se n’è fatto nulla, anche a causa delle rimostranze delle associazioni di categoria, ma il tentativo di mettere sullo stesso piano agenti di commercio e venditori porta a porta – con un aggravio di costi per questi ultimi che avrebbe provocato un’emorragia di posti di lavoro – c’è stato. Schivato tale pericolo, a non far dormire sonni tranquilli agli addetti ai lavori c’è adesso un trittico di direttive europee, frutto, a loro modo di vedere, di posizioni “pregiudizialmente ostili” di alcuni Paesi – tra cui la Francia. La prima è la cosiddetta direttiva Omnibus, che, solo per questa forma di commercio, ha esteso da 14 a 30 giorni il diritto di ripensamento in caso di visite non richieste dal cliente o pratiche commerciali aggressive e ingannevoli. Per il comparto, il vero problema è rappresentato dal decreto legislativo di recepimento della stessa direttiva, in cui le condotte fraudolente o ingannatorie non vengono richiamate. Un vero e proprio caos.
Malgrado le aperture del ministro Urso, non solo non c’è stato alcun provvedimento correttivo ma l’esecutivo ha addirittura affossato tutti gli emendamenti delle opposizioni al decreto Salva infrazioni. Altra direttiva “incriminata” è quella sul credito al consumo, che, modificando un precedente atto normativo del 2008, ha soppresso i contratti di credito senza interessi e senza spese, assai utilizzati dai venditori porta a porta per venire incontro alle esigenze dei propri clienti. Infine, c’è la recente direttiva sul lavoro mediante piattaforme digitali, che, così com’è congegnata, potrebbe far ricadere gli stessi venditori a domicilio nella portata del provvedimento al pari dei rider, i quali – come scritto su queste colonne sette giorni fa – continuano a essere scarsamente tutelati. Insomma: in attesa della “nuova” Europa, grande è la confusione sotto il cielo.