Un buco nero in cui sono finiti i conti dei potenti della terra. Lo scandalo Panama Papers ha svelato le cassaforti dei super ricchi nei paradisi fiscali. E quindi al sicuro dalle tasse, in barba ai contribuenti comuni alle prese con un fisco sempre più oppressivo. Da leader politici come il presidente russo, Vladimir Putin, al premier britannico David Cameron, la lista delle persone coinvolte è davvero lunga, e include grandi imprenditori e stelle dello sport. Ma come prende inizio la storia? I cronisti del giornale tedesco Süddeutsche Zeitung hanno ricevuto 11 milioni e mezzo di documenti riservati da un dipendente del colosso del settore, la Fonseca Mossack, che ha sede proprio a Panama. Le informazioni sono state condivise con il Consortium of Investigative Journalists, che ha svolto le dovute verifiche. Quindi c’è stata la pubblicazione dei nomi.
I numeri dei Panama Papers
I numeri sono imponenti: i Papama Papaers riguardano 214mila società e 14mila clienti, con tantissimi nomi di primo piano, come quello di Putin che ha già evocato il complotto americano. Ovviamente nelle liste non ci sono riferimenti diretti alle persone coinvolte. Ma, incrociando i dati a disposizione, è stato possibile risalire ai titolari delle società che hanno i conti in uno dei paradisi fiscali per eccellenza. Allo stato la notizia ha travolto in maniera particolare il primo ministro islandese Sigmundur Davíð Gunnlaugsson. Per un leader politico si tratta di un danno di immagine notevole: mentre i cittadini comuni devono versare le tasse, senza alcuna possibilità di trovare una scappatoia, i capi di Stato e di Governo sfruttano il ruolo potere.
Il ruolo della Fonseca Mossack
Nelle ultime ore è diventato famoso il nome della Fonseca Mossack, una società – tra le più importanti al mondo – che gestisce i fondi dei clienti, cercando le migliori modalità di investimento. L’attività è spesso legata alla creazione di nuove società per i propri clienti, mettendo la “base” nei cosiddetti paradisi fiscali, tipo Panama, Seychelles, Isole Vergini, ma anche Regno Unito e Svizzera (anche se in questo caso la situazione è in evoluzione rispetto al passato). In questo modo i capitali sono al riparo dalla tassazione prevista nel resto del mondo o comunque nei Paesi di origine. La pratica non è per forza di cose illegale: può essere anche solo uno strumento per aumentare le proprie ricchezze, tutelandole dal fisco. Tuttavia, alla luce della scarsa possibilità di controllo sul regime fiscale praticato in questi Paesi, spesso si verifcano operazioni illecite.