Scuole che rischiano di non essere ristrutturate in tempo. Imprese che lavorano ma non vengono pagate. E Comuni che si trovano costretti, loro malgrado, a dover affrontare contenziosi proprio con gli imprenditori imbufaliti perché non arrivano quei soldi pubblici che sulla carta sono stati stanziati. E in alcuni casi le aziende finite in questo tritarcarne si avvicinano al baratro del fallimento. Insomma, un gigantesco corto circuito, innescato dalla burocrazia, che potenzialmente riguarda 4mila interventi già messi in calendario e per cui i soldi sono stati teoricamente stanziati.
Cosa accade – I cantieri sono stati messi in piedi per varie ragioni: si va dagli adeguamenti degli impianti alla messa in sicurezza in chiave anti-sismica. La situazione tira in ballo il ministero delle Infrastrutture di Graziano Delrio, attore interessato al pari del ministero dell’Economia di Pier Carlo Padoan. Anche perché a rimetterci potrebbero essere le casse pubbliche per saldare le eventuali sconfitte in tribunale con le imprese ricorrenti. Ma come è possibile che i soldi a disposizione spariscano a fine anno? Per un motivo o un altro – spesso per questioni burocratiche o per le varianti ai progetti – le risorse previste non vengono impiegate. E quindi le somme vengono cancellate dal bilancio statale, facendo ricorso al meccanismo della perenzione amministrativa. Certo, poi è possibile ricominciare l’iter per rimettere a bilancio i soldi, ma è “necessario un tempo medio di oltre 120 giorni ai quali si devono aggiungere gli ulteriori termini necessari affinché le stesse, dopo la loro reiscrizione, siano trasferite a Comuni e Province”, spiega un’interrogazione parlamentare del senatore di Forza Italia (Fi), Remigio Ceroni. Il periodo per far riavviare il motore è quindi di circa sei mesi. “In diversi casi, ci si trova di fronte ad una situazione in cui le imprese, non potendo oltremodo sostenere i costi di tali cantieri, si avviano verso il fallimento”, spiega l’esponente di Fi nell’atto depositato al Senato e rivolto a Delrio e Padoan. La situazione si configura come una doppia mazzata per il settore edilizio già duramente provato dalla crisi economica. Molte imprese aggiudicatrici, dunque, vivono un paradosso: avviano i lavori nella speranza di riprendere fiato dal punto di vista economico, invece si trovano a dover anticipare somme sostanziose che il Comune non può corrispondere perché lo stanziamento è stato ritirato. “E chi si assumerà gli oneri dell’inevitabile contenzioso che si sta generando a causa dei ritardi dei pagamenti degli stati di avanzamento dei lavori dell’edilizia scolastica?”, chiede Ceroni.
Numeri – Solo nel mese di ottobre 2016 il ministero delle Infrastrutture ha chiesto “la reiscrizione di fondi per 100 cantieri che, ad oggi, o sono fermi, oppure continuano ad operare sulla base di anticipazioni delle stesse imprese che, inevitabilmente, incardineranno un contenzioso nei confronti di Comuni e Province”, ha evidenziato Ceroni. Ma il dato complessivo è quelle che genera maggiore preoccupazione: sono 4mila gli interventi per l’edilizia scolastica. E su molti grava l’incognita dei fondi cancellati a fine anno. Così, mentre il Governo inserisce nella Legge di Bilancio l’articolo sulle Scuole Belle, gli interventi già preventivati vanno avanti a singhiozzo. Quando riescono a proseguire grazie all’impegno delle imprese. Sempre ammesso che non finiscano prima sul lastrico.