Al via il totonomine per la presidenza della Corte costituzionale: mancano poco più di dieci giorni alla scadenza del mandato di Giuliano Amato. La data designata è quella del 18 settembre ma, trattandosi di una domenica, il termine slitterà al 19. Amato presiederà la sua ultima udienza da presidente martedì 13, ricevendo il saluto dei giudici e dell’avvocatura e pronunciando un suo intervento.
Corsa a tre per il dopo Amato alla Corte Costituzionale. Dopo la Cartabia, il presidente potrebbe di nuovo essere una donna
Intanto, lo scenario appare non solo in fermento ma balza subito all’occhio la particolarità che emerge rispetto alla rosa dei tre candidati in lizza per sostituire l’ex premier.
È una corsa al femminile quella che caratterizzerà l’elezione del prossimo presidente della Consulta: dei tre nomi individuati, infatti, due sono donne. In particolare, a contendersi il titolo, sono i tre vicepresidenti scelti da Amato il giorno della sua elezione, datata 29 gennaio 2022. Si tratta, nello specifico, di Silvana Sciarra, 74 anni; Daria De Pretis, 66 anni; e Nicolò Zanon, 61 anni. Sono estremamente elevate, quindi, le possibilità che la Corte torni in mani femminili dopo la parentesi dell’attuale Guardasigilli Marta Cartabia, eletta nel 2019 e diventando la prima donna ad assumere l’incarico. Per quanto riguarda i tre papabili candidati pronti a contendersi il posto di Amato, De Pretis e Zanon sono scelti dall’allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, mentre Sciarra è stata indicata dal Parlamento. In ciascuno dei casi, il giuramento è stato prestato l’11 novembre 2014: pertanto, chiunque venga scelto dovrà rinunciare al ruolo tra un anno e due mesi poiché il mandato di giudice costituzionale ha una durata di 9 anni.
A parità di curricula e differenze che riguardano solo l’aspetto anagrafico, è alquanto complesso – se non impossibile – ipotizzare o prevedere il nome sul quale ricadrà la scelta dei 15 giudici costretti a trovare un accordo per concludere l’elezione del nuovo presidente. Almeno nelle prime due votazioni è richiesta la maggioranza assoluta delle preferenze con 8 voti su 15 mentre, dalla terza sessione, si procede con il ballottaggio tra i più candidati votati.
La polemica sui referendum
Con l’ormai imminente cambio di vertice alla Consulta, l’auspicio è che venga inaugurata una nuova era che si ponga nel solco di iniziative vicine e a tutela dei cittadini, ponendosi in contrasto con l’oscurantismo che ha caratterizzato negli ultimi mesi la gestione dell’organo di garanzia costituzionale.
Ha fatto molto rumore, del resto, la feroce polemica che ha travolto la Corte costituzionale e, soprattutto, la figura di Amato dopo la decisione di respingere i referendum sul fine vita e sulla cannabis, presentati da Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. I referendum sono stati giudicati “inammissibili” a fronte dei quesiti sulla giustizia presentati dal Centrodestra: ne vennero, infatti, approvati 5 su 6, severamente bocciati alle urne. Il veto posto ai referendum a inizio anno è stato bollato come “una decisione politica” da Cappato che, su Twitter, aveva scritto: “La Corte costituzionale presieduta da Giuliano Amato ha completato il lavoro di eliminazione dei referendum popolari. Dopo eutanasia anche Cannabis. Hanno così assestato un ulteriore micidiale colpo alle istituzioni e alla democrazia”.