Colpo di scena nell’inchiesta sulla presunta corruzione in Liguria che ha travolto l’ex governatore Giovanni Toti. Stando a quanto trapela, l’allora presidente di Regione ha raggiunto un accordo con la Procura per patteggiare una pena di due anni e un mese, da convertire in 1.500 ore di lavori socialmente utili. I reati patteggiati sono corruzione impropria e finanziamento illecito.
Ora l’accordo raggiunto tra l’avvocato Stefano Savi, difensore di Toti, e i pubblici ministeri dovrà essere ratificato da un GIP del Tribunale di Genova nel corso di un’apposita udienza il cui esito, visto il via libera di entrambe le parti, appare scontato.
Nell’accordo sono previste anche, come pene accessorie, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con le pubbliche amministrazioni per la durata della pena principale, nonché la confisca di 84.100 euro, somma equivalente ai finanziamenti elettorali (dichiarati o occulti) ricevuti dai gruppi imprenditoriali Spinelli ed Esselunga, che secondo i magistrati costituirebbero tangenti.
Sempre nell’ambito dello stesso procedimento, ha trovato l’accordo al patteggiamento anche l’ex presidente del porto di Genova, Paolo Signorini, che – se accettata dal GIP – dovrà scontare una pena di tre anni e cinque mesi che gli dovrebbe permettere di evitare il carcere.
Toti esulta: “Sollevato di veder riconosciuta la mia innocenza”
“Come tutte le transazioni, suscitano sentimenti opposti: da un lato l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro il sollievo di vederne riconosciuta una buona parte”. A dichiararlo è Toti, dopo che la richiesta di patteggiamento è stata accolta dalla Procura di Genova. “Resta quel reato ‘di contesto’ definito corruzione impropria, legato non ad atti ma ad atteggiamenti, un’accusa difficile da provare per la sua evanescenza, ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni”.
“Detto ciò, di fronte a questo finale, credo appaia chiaro a tutti la reale proporzione dei fatti avvenuti e della loro conclusione, che pone fine alla tormentata vicenda che ha colpito un’istituzione oltre alle persone coinvolte e che lascia alla politica il dovere di fare chiarezza sulle troppe norme ambigue di questo Paese, norme che regolano aspetti che dovrebbero essere appannaggio della sfera politica e non giudiziaria,” conclude l’ex governatore.