Un posto di lavoro per il nipote di un uomo del clan Laudani e lo spostamento di una cabina telefonica in cambio di voti elettorali. Con queste accuse è indagato, dalla Procura di Catania, il deputato regionale della Sicilia e presidente di Italia Viva della commissione cultura dell’Ars, Luca Sammartino (nella foto), definito “mister preferenze” alle regionali del 2017 dove ha ottenuto 33 mila voti. Lo si apprende dal fascicolo dell’inchiesta per la quale, ieri, sono state eseguite 18 misure di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone ritenute appartenenti ai clan Laudani e Santapaola.
Agli arrestati vengono contestati, a seconda delle posizioni, i reati di associazione mafiosa, estorsione, usura, turbativa d’asta, favoreggiamento personale, detenzione e porto di arma da fuoco. Al leader dei renziani in Sicilia, invece, viene contestata la sola corruzione elettorale per aver promesso utilità, si legge nell’atto, a Girolamo Lucio Brancato, ritenuto esponente di spicco della frangia del clan Laudani al cui vertice c’è il boss Orazio Scuto, “in cambio del proprio voto e dei suoi familiari“.
Secondo i pm i favori sarebbero consistiti in “un posto di lavoro di un nipote di Brancato alla Mosema, società di Mascalucia a partecipazione pubblica per la gestione di rifiuti” e “lo spostamento di una cabina telefonica nei pressi della pizzeria di sua moglie a Massa Nunziata-Mascalucia”. Accuse respinte al mittente dal deputato regionale che ha fatto sapere “di non aver commesso alcun reato” e che “quando avrò contezza degli atti, avrò modo di difendermi adeguatamente”.
Eppure a pensarla diversamente sono i pm che avrebbero intercettato uno scambio tra Sammartino e il boss Brancato durante le indagini sugli affari del clan in Sicilia. Un’inchiesta da cui è emerso che nulla era capace di arrestare gli affari della potente famiglia tanto che perfino durante la detenzione nel carcere di Caltanissetta, tra il 2016 ed il 2019, il boss Scuto riusciva a dirigere il clan come niente fosse. In particolare è emerso che riusciva a impartire i propri ordini utlizzando pizzini nascosti nelle confezioni di succhi di frutta che venivano portati fuori dalla struttura dalla figlia Valentina che, infatti, è finita in carcere.
IL PRECEDENTE. Per il deputato Sammartino questa indagine di Mafia non è il primo inciampo giudiziario. Il politico, in passato, è stato coinvolto anche in un’ altra inchiesta, poi archiviata dalla procura catanese, su presunte irregolarità in un seggio speciale allestito nel centro assistenza per anziani Maria Regina di Sant’Agata li Battiati per le regionali. Non solo. Su Sammartino pende anche una richiesta di rinvio a giudizio, la cui udienza preliminare è fissata per il prossimo 23 febbraio, sempre per corruzione elettorale e in cui figurano anche altre sei persone per la presunta compravendita di voti per le regionali 2017 e le politiche 2018 quando era candidato alla Camera. Per l’accusa avrebbe promesso posti di lavoro e trasferimenti in cambio di voti per se’ e per altri esponenti politici a lui vicini.