Era prevedibile. Ma chi di dovere, mentre quest’estate il ministero dell’Istruzione e la sua titolare Lucia Azzolina veniva subissate da critiche e offese (alcune delle quali anche sessiste), riposava in panciolle. Magari in vacanza, magari pensando che il pericolo da Covid-19 era ormai tramontato. La Azzolina, i suoi collaboratori e i suoi tecnici, invece, hanno lavorato in maniera indefessa costruendo alla fine un protocollo che, come riconosciuto anche a livelli internazionali, garantisce livelli di sicurezza per alunni e docenti incredibili. Lo dicono, d’altronde, i dati: la percentuale di contagi è di gran lunga sotto l’1%. Ecco perché lascia un bel po’ perplessi il fatto che oggi tanti governatori diano dell’irresponsabile alla Azzolina.
La ragione? La situazione dei trasporti è “critica” e lei non vuole adottare politiche di didattica a distanza. La risposta della ministra è inappellabile: “I ragazzi sono felici a scuola e ci devono rimanere, la presenza è fondamentale”. E ancora: “C’è poca crescita, il tendenziale è lo stesso delle settimane precedenti. Con questi dati dovrei lasciare gli studenti a casa?”. Risposta retorica e, soprattutto, diretta a chi invece è stato realmente irresponsabile. E cioè tutti coloro preposti ai controlli sui traporti pubblici che ora gridano allo scandalo, dimentichi che la responsabilità è unicamente la loro.
A sollevare il problema, tra gli altri, è stato Luca Zaia. “Se pensassimo alla didattica a distanza per le ultime 2-3 classi delle superiori, magari in alternanza, un giorno sì e 2 no, una settimana sì e 3 no, verrebbe tolta tanta pressione sui trasporti” dice il presidente del Veneto che lancia anche l’avvertimento: “Azzolina dice che ‘non se ne parla’. Vedremo se le cose dovessero peggiorare, sperando che non ci si ritrovi a chiudere le scuole”. In quel caso la colpa ricadrebbe sul governo. Bello scaricabarile, non c’è che dire.
L’ESEMPIO PRIMA DI TUTTO. La responsabilità, però, anche in questi casi deve restare un lue sempre acceso. Ed è per questo la preoccupazione di Giuseppe Conte e dell’esecutivo è quella di mantenere aperto un dialogo costruttivo con le Regioni. “Non è vero che non abbiamo accolto le loro obiezioni”, ha detto il premier in merito alle richieste dei territori per le misure finite poi nel Dpcm, “abbiamo avuto un intenso confronto e abbiamo accolto alcuni suggerimenti mentre altri abbiamo ritenuto di non poterli accogliere”. In ogni caso “dobbiamo proseguire con la collaborazione e il confronto”.
Anche il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia ha provato a stemperare le tensioni chiedendo di far prevalere gli “interessi istituzionali”. Parole, quelle del ministro, che hanno come obiettivo quello di evitare lo scontro in una fase che probabilmente richiederà nuove misure. Per ora la capienza massima per il Tpl sarà “non superiore all’80%” che però, fanno notare dal Cts, in molti casi è arrivata già al 100%. Ecco perché tecnici e scienziati continuano a insistere che si torni ad un’occupazione del 50%, una percentuale che, secondo l’Associazione delle aziende del Tpl,, lascerebbe però a piedi circa 275mila persone al giorno. L’unica soluzione? Controlli serrati agli ingressi. Gli stessi che dovevano esserci già quest’estate.