Dopo che la mozione di impeachment per il tentato colpo di Stato è stata bocciata dal Parlamento, essendo venuto meno il quorum, non sono ancora finiti i guai per il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol. A togliere il sonno al leader di Seoul è l’indagine giudiziaria a suo carico, scaturita da almeno due denunce presentate dalle opposizioni di governo, in cui si ipotizza il reato di tradimento.
La novità di queste ultime ore è che gli inquirenti starebbero valutando l’opportunità di arrestare il Capo di Stato. A lasciarlo intendere è la decisione del ministero della Giustizia sudcoreano che ha imposto, nei confronti di Yoon Suk-yeol, il divieto di espatrio. Si tratta di un provvedimento inedito per la Corea del Sud dove mai fino ad oggi è stata disposta una misura cautelare simile nei confronti di un presidente.
Corea del Sud, i guai per il presidente Yoon Suk-yeol non sono finiti
La misura era stata richiesta dell’Ufficio per le indagini sulla corruzione di alti funzionari (Cio), dopo che il capo di questa istituzione, Oh Dong-woon, aveva dichiarato durante una riunione parlamentare di aver dato disposizioni agli investigatori di richiedere la restrizione. Infatti, ai sensi della legge sull’immigrazione, il ministro della Giustizia può vietare a un cittadino coreano di lasciare il paese per un massimo di sei mesi se la sua partenza è considerata potenzialmente dannosa per “l’interesse nazionale, la sicurezza pubblica o l’ordine economico”.
Questa decisione pone un forte problema rispetto all’espletamento di una delle principali funzioni del presidente, che è il “volto” del Paese nella politica internazionale. Secondo quanto riferito dai media sudcoreani, il ministero si è mosso dopo che diverse richieste sono arrivate da più agenzie investigative, che stanno tutte indagando sul presidente. Tuttavia, il ministero ha rifiutato di divulgare dettagli su altre agenzie che potrebbero aver presentato richieste simili.
La posizione della first lady
Stando a quanto trapela al momento non è ancora stato emesso un divieto di espatrio anche per la first lady Kim Keon-hee, che è al centro di una serie di scandali che hanno fatto precipitare il consenso attorno al presidente e hanno portato all’azione inconsulta del presidente, che il 3 dicembre ha proclamato la legge marziale per emergenza, ma poi è stato costretto a revocarla in seguito a un voto massiccio contrario dell’Assemblea nazionale.