di Antonio Rossi
Se c’è un re delle slot quello è Francesco Corallo. L’imprenditore alla guida della BPlus Giocolegale, ex Atlantis, con affari sparsi dai Caraibi all’Italia, gestisce il 25% delle macchinette mangiasoldi distribuite nella penisola e il suo gruppo vanta un fatturato da 30 miliardi di euro all’anno. Un uomo potente e con gli amici giusti, dallex braccio destro di Fini, Francesco Cosimi Proietti, all’ex parlamentare Amedeo Laboccetta. Un uomo con il fiuto per gli affari e le capacità per venire fuori dai guai, dalla maxi-sanzione a lui inflitta dalla Corte dei Conti, per cui non ha pagato ancora neppure un centesimo, alla perdita della concessione, rimessa nelle sue mani dal Consiglio di Stato. Questa volta, però, a Corallo è andata male e sembra proprio che le multe a lui comminate dai Monopoli debba pagarle. I ricorsi che aveva fatto al Tar del Lazio sono stati respinti e mezzo milione di euro del catanese, figlio di quel Gaetano sospettato di essere in affari con il clan Santapaola, sembra destinato a finire nelle casse pubbliche. Per il mancato collegamento delle slot al cervellone della Sogei, la società di servizi informatici del Ministero dell’economia, la società di Corallo, insieme ad altre nove concessionarie, si era vista contestare dalla Corte dei Conti un danno da 98 miliardi e condannare infine a restituirne 2,5. Grazie al condono deciso dal Governo Letta, per fare cassa e coprire i mancati introiti dell’Imu, anche la BPlus se la sarebbe potuta cavare con pochi spiccioli, ma l’imprenditore residente a St Marteen non ha tirato fuori neppure quelli, attendendo la sentenza d’appello. Tra luglio dello scorso anno e marzo 2013, alla BPlus i Monopoli hanno però inflitto due sanzioni, per un totale di circa mezzo milione di euro, contestando alla società di non aver rispettato il regolamento sugli apparecchi da gioco, non consentendo verifiche automatiche sull’integrità del software. Corallo ha fatto ricorso, giustificandosi parlando di normali difficoltà legate a un sistema nuovo e in fase sperimentale. Niente da fare questa volta. Il Tar del Lazio ha appurato che la sperimentazione era finita da un pezzo e i controlli dovevano essere garantiti. Avallate così dai giudici amministrativi le due maxi-sanzioni. Una battuta d’arresto per l’imprenditore catanese, già coinvolto nell’inchiesta sul finanziamento da 148 milioni ottenuto dalla BpM.