Stefano Caserini, titolare del corso di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano e professore associato all’Università di Parma, anche questa volta alla Cop28 si è dovuto aspettare un documento all’ultimo minuto, figlio di sfrenata diplomazia. Che ne pensa?
“Il testo precedente sarebbe stato un fallimento epocale e una figuraccia internazionale. Così alla fine Sultan Ahmed al-Jaber ha dovuto riprendere in mano tutto. E alla fine la plenaria sarà un giorno dopo il previsto”.
Al Jaber qualche giorno fa ha detto: “Senza fossili torniamo nelle caverne”…
“Non ci si può aspettare che queste persone abbiano visioni avanzate. Se tutto il mondo in cui vivi dipende dai combustibili fossili viene difficile pensare che tu possa dire “avete ragione, dobbiamo disfarci della nostra ricchezza e del nostro potere. È evidente che questi hanno forti ritrosie. Certo immaginare che si spingesse addirittura a negare la necessità di un’azione globale… Di certo non sono queste le persone da cui attendersi grandi spinte al negoziato. Questo svolgimento non è una cosa inattesa. Anche se sono convinto che la negazione dell’urgenza di agire contro il cambiamento climatico gli sia un po’ scappata. Al Jaber e gli altri sono su posizioni retrograde: il loro mondo dipende dalla vendita dei combustibili fossili quindi non accetteranno mai una transizione rapida”.
Però parole simili le sentiamo anche dalla classe dirigente di partiti di maggioranza e del governo, ad esempio la presidente dell’Arpa in Lombardia Lucia Lo Palo ha negato l’influenza umana sul clima.
“Ritengo che la presidente dell’Arpa non abbia idea di cosa sia la questione climatica perché è stata messa lì senza nessuna competenza sul clima o sui temi ambientali. È possibile che non ci abbia mai pensato davvero se l’uomo condiziona il clima, non abbia mai approfondito. Sente nel suo mondo politico chi dice che non è vero che è colpa delle attività umane, si ricorda qualcosa che ha letto magari su La Verità o Libero e lo ripete. Riflette l’ideologia di una corrente politica che spesso non ha più il coraggio di essere negazionista ma è su quelle posizioni anche se non le esprime apertamente. Persone che sicuramente non credono nell’importanza delle politiche sul clima. Sono gli ‘inattivisti”’ quelli che dicono ‘c’è un problema ma non dobbiamo preoccuparci o impegnarci davvero per risolverlo’. Sono quelli che dicono che la Cina non fa niente (che non è vero) per potersi permettere di non fare niente. Il mondo politico italiano è sulla posizione di fiacco inattivismo: non sono interessati ad agire perché non hanno nessun ritorno politico e economico”.
Il ministro Pichetto ha timidamente riaperto al nucleare. Che ne pensa?
“La mia posizione, basata su molte analisi pubblicate, è che non c’è un reale futuro del nucleare nella transizione italiana, e anche a livello globale non sarà una tecnologia cruciale. Sole e vento daranno un contributo maggiore. In una nazione che non ha centrali e competenze diffuse, fare partire una nuova filiera industriale è un’operazione poco sensata. Poi ci sono i costi. Tutti fattori che lo rendono improbabile. Poi a Baggio una centrale vorrei vedere dove la vogliono fare. Se dicessero le collocazioni precise di dove vogliono piazzare le decine di impianti necessari, ne potremmo discutere. Si fanno fatica a mettere impianti di compostaggio, figuriamoci un impianto nucleare. Se parliamo di fusione nucleare, come ha fatto recentemente la Presidente del Consiglio, parliamo di qualcosa che non si prevede operativa nei prossimi 20 anni, e noi per quel giorno avremo dovuto completare la decabornizzazione del settore elettrico. È un modo per mandare la palla in tribuna. Serve solo a fare sembrare che tu abbia una piano b”.
Il tema climatico e ambientale sarà prioritario nelle prossime elezioni politiche in Europa?
“Si sentirà perché ci sono alcune politiche europee contestate, come quelle sugli autoveicoli e sugli edifici. Ma se vogliamo fare i compiti per l’accordo di Parigi dobbiamo rispettare l’impegno della Legge europea sul clima. Chi contesta i limiti sui veicoli non ci dice come fare a ridurre le emissioni, quale sia la strategia alternativa. E dovremmo stare attenti che la transizione venga pagata dalle persone giuste per non aumentare le disuguaglianze”.