di Mauro Masi
Un recente studio di Confartigianato ha reso noto che nel periodo 2008 – 2014 la contraffazione di merce prodotte da aziende italiane è costato al nostro sistema economico circa 10 miliardi di euro di minori incassi e non meno di 88.000 disoccupati in più. E ciò è avvenuto nonostante, nello stesso periodo, le forze dell’ordine abbiano svolto una rafforzata azione di contrasto arrivando a sequestrare merci contraffatte per un valore di oltre 4,4 miliardi di euro.
Questi dati riaprono il dibattito su quale sia il vero valore della contraffazione e, più in generale, della pirateria multimediale in Italia.
In realtà è sempre molto difficile stimare in modo attendibile fenomeni che provengono da illeciti; in questo caso la difficoltà è ampliata anche da notevoli incertezze (sia in diritto, sia nella prassi) sulla nozione stessa di pirateria multimediale. Secondo la migliore dottrina, per pirateria digitale (o multimediale) deve intendersi qualsiasi attività di riproduzione, duplicazione e distribuzione non autorizzata di prodotti digitali audiovisivi tutelati dal diritto d’autore ovvero la commercializzazione, effettuata in qualsiasi modo, anche a mezzo della Rete, di supporti contenenti musica, film o programmi software protetti da copyright, nonché la visione illegale di programmi televisivi protetti da diritti.
Fin qui il perimetro della pirateria multimediale, fenomeno che si affianca nelle statistiche ufficiali al dato della contraffazione che invece è riferito alle violazioni delle norme nazionali ed internazionali sui brevetti, marchi e/o disegni industriali.
C’è da dire con chiarezza che anche in Italia contraffazione e pirateria costituiscono un area di investimento per la criminalità organizzata ad alto rendimento in rapporto al rischio valutato molto basso anche perché da noi l’opinione pubblica ha – per molto tempo e, sostanzialmente, tutt’ora – considerato con indulgenza il fenomeno, come un reato “minore” o addirittura un non-reato. E ciò al di là dello sforzo lodevolissimo e crescente delle Forze dell’ordine e delle Istituzioni preposte.
A questo riguardo, una stima attendibile realizzata sui beni sequestrati in Italia nel triennio 2011-2013 relativi a merci piratate e/o contraffatte spinge ad una quantificazione complessiva del fenomeno intorno ai 2,3 miliardi di euro all’anno.
Se invece si considera che il dato relativo alle merci sequestrate relative alle sole violazioni del diritto d’autore/copyright per il 2013 vale tra i 1,3 e 1,5 miliardi di euro e che tale settore nella media del triennio 2011/2013 vale intorno al 40% del totale, si può stimare il dato complessivo della pirateria e contraffazione in Italia nel 2013 in una cifra compresa tra un minimo di circa 3,2 ad un massimo di circa 3,7 miliardi di euro annui.
Come si vede a seconda delle metodologie usate si ottengono cifre diverse ma in ogni caso contraffazione e pirateria quantificano da noi cifre enormi sia in termini di costi diretti sia di costi opportunità nonché – come ci dice con chiarezza anche lo studio di Confartigianato – una crescente e dolorosa perdita di posti di lavoro.