Nel paese dei Balocchi (o degli allocchi, a seconda dei punti di vista) dove si salvano coloro che affondano le banche ma non i danneggiati dagli istituti di credito, dove il Golf vale più dei terremotati, l’unica vera industria che funziona sempre è il Festival di Sanremo. Ogni anno questa perfetta, e costosissima, arma di distrazione di massa, per una settimana, distoglie le mente degli italiani dai pensieri quotidiani, convincendoli a discutere di canzoni e canzonette, di abiti firmati e spacchi vertiginosi, di scale e note stonate. Quest’ultime, solitamente, sono le stecche che prendono i cantanti. Stavolta, a steccare alla grande, è stata la Rai.
Gallina dalle uova d’oro – La storia dei compensi milionari e bonus extra contratto ha evidenziato una volta di più la doppia morale della Tv di Stato. Servizio pubblico quando deve difendersi dagli assalti, servizio privato, anzi privatissimo, quando si toccano i cachet dei teledivi, abituati a mungere le mammelle di Mamma Rai senza che nessuno controlli la poppata. Perché la Rai è cosa loro. La storia merita un rapido riassunto. Il quotidiano La Stampa, l’altro giorno, ha pubblicato un documento riservato (ma è logico che un’azienda pubblica che percepisce il canone pagato dagli italiani operi come la Spectre?) contenente i cachet di conduttori e giornalisti e i relativi compensi eccedenti il contratto. Apriti cielo, è venuto giù il mondo. La Rai ha presentato un esposto in procura trattandosi di un documento interno e riservato. I diretti interessati, fra i quali c’è anche il padre padrone di Sanremo, Carlo Conti, gridano allo scandalo rettificando e correggendo le cifre. Che restano stratosferiche. Il guaio è che la storia non è finita lì. Anzi, il bello devo ancora arrivare, come ha fatto capire il conduttore della manifestazione. “Prima di sparare cifre, si dovrebbero sapere le cose, e verificare le notizie”, sostiene Conti evidentemente irritato per la diffusione delle cosiddette “notizie riservate”, nonostante la solita calma di facciata, ostentata più del solito, “non dico niente prima della fine del Festival. C’è il sacro e il profano: questo è il profano, c’è lo spettacolo. Dall’altro lato c’è il sacro, le persone ad esempio colpite dal terremoto ed è scorretto legare le due cose”. Sulla connessione passiamo oltre. Resta il punto. Carlo Conti percepisce un compenso milionario derivato dal canone e dalla pubblicità. Pagando il canone è come se fossi azionista dalla Rai, come tale ho diritto di sapere come vengono spesi i miei soldi. Eppure Viale Mazzini considera l’abbonato un problema e non la soluzione a cui dare delle risposte.
Serve chiarezza – Monica Maggioni, presidente, del consiglio di amministrazione, intervenendo alla Camera ad un convegno sulla sicurezza, ha affermato che la Rai deve mettersi “al centro della costruzione di un sistema di fact checking (verifica dei fatti, ndr) insieme alle altre emittenti europee”. La Maggioni ha sottolineato di “averlo chiesto da giornalista e da direttore” e ha aggiunto che ci sta “lavorando da presidente”. Bene, memore di quella esperienza, faccia un altro sforzo e combatta affinchè gli abbonati della Rai, coloro che pagano, il canone, possano verificare i fatti. A partire dai compensi dei teledivi, che non sono al di sopra di tutto e tutti.