Il no categorico del M5S e di Italia Viva a qualsiasi intervento sull’Iva – che potesse comportare una sua rimodulazione – ha messo in crisi tecnici del Mef e Palazzo Chigi. L’obiettivo ambizioso sul gettito previsto dalle misure anti-evasione, pari a 7,2 miliardi, inserito nella Nota di aggiornamento al Def poggia – o meglio poggiava – sul meccanismo di bonus-malus sull’Iva. Ovvero sugli sgravi del 3% (bonus) per quanti scelgono i pagamenti con carte e bancomat e sugli aumenti dell’Iva pari all’1,5% (malus) per coloro che, invece, perseverano nell’uso del contante. Ora sul tavolo è rimasto solo il bonus e un buco di 5 miliardi alla voce lotta all’evasione.
LE CONTROMOSSE. Il governo ha poco più di 10 giorni di tempo per scovare alternative che garantiscano di centrare l’obiettivo di gettito. Gli allegati alla NaDef forniscono qualche indicazione. E quantificano l’evasione dell’imposta nel mirino. Il tax gap indica il divario tra il gettito teorico e quello effettivo. Dal 2014 al 2017 si osserva un significativo calo del gap delle entrate tributarie che passano da circa 95,4 miliardi nel 2014 a circa 90,8 nel 2017. Fa eccezione l’Iva: il suo gap cresce a quota 37 miliardi. Le strategie allo studio di via XX Settembre per contrastare l’evasione e tappare il buco sono diverse.
Si parte da un giro di vite sulle compensazioni dei debiti Inps. Molti vantano un credito inesistente da parte dello Stato, complicità commercialisti e consulenti compiacenti. Per questi si potrebbe configurare un Daspo o sospensione dalla professione. Regime più severo anche per i prestanome a cui si intestano società per dribblare le norme e per quanti costituiscono società fantasma. Nel mirino poi le compravendite di prodotti petroliferi dall’estero con allo studio l’obbligo di far versare l’Iva a chi compra. E l’acquisto di veicoli sempre dall’estero per i quali si deve – ma spesso tramite stratagemmi non si fa – saldare l’imposta.
Allo studio, anche, il rafforzamento della lotta alle frodi nel settore del gas e dell’elettricità. L’evasione Iva poggia sul “consenso” tra chi presta un servizio o vende un bene e chi lo paga. Per questo, si legge in un allegato alla NaDef, si punta a introdurre incentivi fiscali in misura tale da far emergere un “contrasto di interessi” tra le parti, al fine di rendere conveniente l’emissione della fattura. Le misure a disposizione vanno dall’introduzione della “lotteria degli scontrini” all’ampliamento della possibilità di detrazioni di spese per beni e servizi sui quali risulta elevato il tax gap.
“L’evasione Iva – si legge – da omessa fatturazione si manifesta, principalmente, attraverso l’utilizzo del contante”. Per questo si prevede non solo l’inasprimento delle pene per i grandi evasori ma anche di potenziare i pagamenti elettronici obbligatori, riducendone i costi di transazione. E di incentivare il ricorso a pagamenti tracciati al posto del contante, attraverso rilevanti agevolazioni fiscali. Ma di aggravi di Iva, che avrebbero garantito maggiori entrate, non vi è traccia. Non ce ne saranno, dichiarano in coro il premier Giuseppe Conte e il ministro Dario Franceschini. Rimane aperta la possibilità che il Parlamento, durante l’iter della Finanziaria, riproponga la questione. “Sull’Iva nessun tabù”, dice il viceministro Laura Castelli (M5S) che denuncia l’irragionevolezza di un’imposta al 4% sulle patatine fritte e di una al 10% sui prodotti da collezione