Si sa: la politica è spesso imprevedibile e le intese che ci sono oggi non è detto durino fino a domani. Specie se nel frattempo a mettere in crisi quelle alleanze intervengono circostanze capitali, come una commessa da 9 miliardi di euro all’Egitto di al-Sisi, che tutto sta facendo per ostacolare la verità sulla morte di Giulio Regeni. Dopo le parole di Luigi Di Maio che aveva detto che non c’era ancora alcuna autorizzazione dalla Farnesina a quell’esportazione militare, in tanti avevano creduto che qualcosa potesse cambiare. Ed invece nella tarda sera di giovedì è arrivato l’ok definitivo (e politico) in Consiglio dei ministri. Nessuna ha commentato la decisione – d’imperio, dicono i presenti – di Giuseppe Conte. Era impossibile, però, che una decisione di questo tipo non potesse avere conseguenze.
Ma, paradossalmente, non influiranno – almeno per il momento – sulla tenuta del governo. Secondo quanto riferiscono alte fonti pentastellate, la decisione sarebbe stata presa, voluta e ricercata direttamente da Conte, che avrebbe aperto una lunga trattativa direttamente con al-Sisi. Una trattativa che prevede come contropartita una via preferenziale nell’inchiesta sulla morte di Regeni e una posizione più tenue nella partita libica, dove Roma e Il Cairo si trovano su due posizioni diametralmente opposte. Conte, dunque, nella certezza che “se non fosse stata l’Italia, un altro Paese avrebbe fatto l’affare del secolo”, ha deciso di giocarsi il tutto per tutto. Pur rischiando di perdere la fiducia di chi lo ha sempre appoggiato.
Secondo quanto riferiscono le stesse fonti, infatti, il premier avrebbe aperto alla commessa senza mettere al corrente né Luigi Di Maio (chiamato in causa non solo perché leader de facto dei 5S, ma anche perché ministro degli Esteri) né Nicola Zingaretti. “Non è un caso che nessuno dei due abbia detto nulla”. Il clima è reso ancor più acre dal fatto che la strategia di Conte ha innervosito chi finora gli ha sempre garantito un granitico appoggio: l’ala più “di sinistra” del Movimento, quella cioè vicina a Roberto Fico. “Ed è proprio Fico – spiegano in Parlamento – la persona più irritata, dato che si è speso enormemente per avviare la commissione d’inchiesta sulla morte di Regeni”.
Una commissione che rischia ora di passare come un contentino vuoto e retorico. Ciononostante Conte si troverebbe in una botta di ferro: “Nonostante l’enorme irritazione tutti sanno che in questo momento non si può aprire un altro fronte di crisi, altrimenti l’esecutivo rischia di saltare”. Una strategia, se così fosse, messa a punto fin nel dettaglio dal presidente del Consiglio. A surriscaldare il clima, però, potrebbero essere le associazioni pacifiste: Amnesty, Rete per il Disarmo e Rete della Pace hanno ricordato chiaramente che la legge prevede un passaggio parlamentare che ad oggi ancora non c’è stato. Si potrebbero, dunque, configurare azioni legali. Che farebbero esplodere una pentola già in ebollizione. Anche perché il silenzio a cui si sono “obbligati” alcuni parlamentari potrebbe durare meno di quanto richiesto dagli sherpa della comunicazione 5S e Pd.