Giuseppe Conte ha presentato il nuovo progetto del Movimento 5 Stelle volto a tutelare i cittadini italiani. In un’intervista a La Stampa, il presidente dei 5S ha proposto di ridurre l’orario di lavoro, preservando la parità salariale.
Conte: “Propongo di ridurre l’orario di lavoro a parità salariale”
Entra sempre più nel vivo la campagna elettorale di Giuseppe Conte e del Movimento 5 Stelle. Dopo le parlamentarie da record di martedì 16 agosto, il partito guidato dall’ex premier rivendica le sue origini e difende progetti e ideali volti a tutelare gli italiani. Lo ha ribadito lo stesso Conte durante un’intervista con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini. Nel corso dell’intervista, il leader dei 5S non si è limitato a difendere le misure bandiera del movimento come il reddito di cittadinanza o il superbonus e il cashback(subito cancellati con un colpo di spugna dal Governo dei Migliori), ma ha rilanciato con una nuova proposta mirata alla riduzione dell’orario di lavoro a parità salariale.
“È un tema forte, importante. Tutti gli studi in materia dimostrano che non è vero che più si lavora e più si è produttivi, oltre una certa soglia la produttività non migliora affatto, anzi”, ha detto Conte facendosi promotore di un progetto sperimentale destinato a ridurre l’orario di lavoro dei cittadini italiani. “In Italia ci ritroviamo con una media di ore lavorate all’anno che è la più alta in Europa: noi siamo a circa 1.723 ore l’anno, in Germania a 1.356 e hanno una produttività molto più elevata”, ha precisato.
Il progetto del M5S e di Conte per ridurre l’orario di lavoro
Esponendo il suo progetto al direttore de La Stampa, Giuseppe Conte ha spiegato che la proposta relativa alla riduzione dell’orario di lavoro a parità salariale non deve essere intesa come un danno alle imprese né come una imposizione ma “si può sperimentare con un meccanismo di adesione su base volontaria”. L’ex premier, poi, ha ipotizzato di “partire da quattro ore di riduzione sulle 40 settimanali” con l’idea di “sperimentare questa norma nei settori a più alta componente tecnologica”.
Oltre alla riduzione dell’orario di lavoro, l’avvocato del popolo ha dimostrato di non aver dimenticato gli altri obiettivi sociali del M5S, sottolineando: “Per lotta al taglio di privilegi, Reddito di cittadinanza, lotta alla corruzione noi siamo la forza più progressista che ha governato in questi ultimi anni – e, rispetto all’iniziativa concepita per sostenere i nuclei familiari indigenti in Italia, ha ribadito –. Siamo intervenuti per bloccare le frodi ma abbiamo salvato un milione di cittadini dalla povertà”.
Da qui, il monito del leader pentastellato: “Ora dico attenzione: eliminarlo sarebbe una follia e ci sarebbe una rabbia sociale su cui non dobbiamo scherzare”.
Di Maio, Draghi, Grillo, Raggi e Letta
In occasione dell’intervista rilasciata a Giannini, l’ex premier ha anche ripercorso i passi che hanno spinto il M5s a decidere di procedere con il non voto di fiducia al Governo Draghi. Pur non gridando alla “congiura”, Conte ha puntato l’indice contro il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
“Di Maio, il ministro degli Esteri, durante il conflitto in Ucraina ha creato uno smottamento nell’equilibrio precario della maggioranza e ha formato una nuova formazione, accusando il Movimento 5 stelle di essere una minaccia per la sicurezza nazionale. Né il presidente del Consiglio, che è venuto in Parlamento e non ha voluto dialogare, né il Pd hanno detto nulla”, ha affermato. “Il complottismo non mi appartiene, però non è tutto normale”. E, indirizzando una stoccata agli ex compagni di viaggio politici, ha aggiunto: “Anche i cittadini più ingenui hanno capito che non siamo stati noi a far cadere il governo, quando il Pd ci ha messo l’inceneritore sotto il naso e quando Di Maio sotto gli occhi di Draghi durante un conflitto ucraino si è messo a creare uno smottamento in un equilibrio già precario di maggioranza”.
Conte, poi, si è concentrato sulla telefonata del premier dimissionario Mario Draghi al fondatore del M5S Beppe Grillovolta a chiedere la sua sostituzione dal ruolo di presidente del gruppo politico e sui rapporti con l’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi.
In merito al colloquio tra Draghi e Grillo, il leader pentastellato ha detto senza mezzi termini: “Io credo a Grillo, i rapporti sono buoni. Ci sentiamo costantemente”.
Sulla Raggi, invece, pur sostenendo che non li divida “nessuna ruggine o frizione”, Giuseppe Conte ha rivolto una critica all’ex prima cittadina della Capitale, ponendo l’accento sul fatto che “lei ha dato una interpretazione errata delle regole”.
Infine, le parole del presidente del Movimento 5 Stelle sono tutte per il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta. Respingendo l’etichetta di “forza rancorosa”, Conte ha chiesto a Letta di spiegare al suo elettorato per quale motivo sia andato a raccattare alleanze con le forze politiche più disparate – dal flop con Calenda agli accordi con Frantoianni e Bonucci –, escludendo i pentastellati. E ha concluso: “In ogni caso alla luce dell’esperienza maturata noi saremo ancora più cauti di prima. Dire no per sempre non ha senso. Io dico sì ai progetti di riforma. Lascio se il M5S alle elezioni otterrà una percentuale inferiore a due cifre? Io credo che i risultati saranno buoni”.