Conte non cambia linea mentre nel Movimento 5 Stelle si prepara un’altra scissione. L’ennesima operazione di palazzo per blindare Mario Draghi a Palazzo Chigi. O meglio per garantirgli una maggioranza ancora più ampia di quel 70% di cui gode anche senza i 5S.
Ad un giorno alle comunicazioni del presidente del Consiglio alle Camere, la tensione rimane altissima tra i pentastellati. Ieri a muoversi in autonomia, e senza consultarsi con il leader Giuseppe Conte, è stato il capogruppo a Montecitorio Davide Crippa.
Durante la riunione dei capigruppo infatti, ha tentato il blitz e appoggiato la richiesta di Pd e Italia viva che il premier iniziasse a parlare dalla Camera dei deputati. Una proposta poi superata dall’accordo tra i presidenti Roberto Fico ed Elisabetta Casellati: al Senato il governo Draghi ha avuto il primo voto di insediamento e lì, volendo seguire la prassi, deve ripartire.
Ma la decisione non era solo tecnica: a Montecitorio c’è il maggior numero di “governisti” del Movimento (si parla di almeno 20 o 30 parlamentari), è lì che la linea Conte dell’appoggio esterno “salvo risposte concrete” potrebbe vacillare ed è lì che potrebbe esserci una nuova scissione.
Altra scissione in vista nei 5 Stelle
Pericolo scampato, certo. Resta però il fatto che, dentro il Movimento, ormai sono molteplici le spinte. E non mancano le voci di una nuova spaccatura che potrebbe seguire quella di Luigi Di Maio di circa una mese fa.
Una prima resa dei conti è stata nel primo pomeriggio e proprio nel corso dell’assemblea congiunta dei gruppi M5s di Camera e Senato. Alcuni parlamentari hanno chiesto a Crippa di spiegare il suo comportamento.
Poco dopo ha preso la parola proprio lo stesso leader Conte: “Non sono stato informato”, ha detto. La giustificazione ufficiale del capogruppo M5s è stata che il provvedimento che ha dato il via alla crisi, cioè il decreto Aiuti “non votato dal M5s”, è stato approvato prima alla Camera.
E ha continuato: “Alla Camera abbiamo votato la fiducia e il non voto al Senato era legato al provvedimento, non alla fiducia. Quindi ora risulta difficile spiegare ai cittadini perché ritiriamo la fiducia a Draghi dopo averla data alla Camera in attesa del decreto di fine luglio”.
La verità ovviamente è un’altra: per Crippa il M5s deve rimanere dentro il governo per vedere i decreti, rimediare agli errori, come quelli sul Superbonus, e dare risposte ai cittadini. Ergo: anche Crippa, salvo ripensamenti, è vicino ad abbandonare il Movimento.
Crippa, D’Incà & Co in pole per il trasloco
Non è però l’unico. A maggior ragione che Conte ha deciso di tenere il punto e dunque resta una linea fortemente critica con l’eventuale Draghi-bis. Stando alle ultime indiscrezioni, dunque, la maggioranza degli eletti sono sulla linea Conte e quindi sono concordi sul fatto che, per restare all’esecutivo, dovranno prima avere risposte “concrete” da Draghi.
E in particolare sul documento politico in nove punti che gli ha consegnato proprio Conte qualche settimana fa. A quanto risulta anche al nostro giornale dopo che i nomi sono circolati già ieri, ad aver espresso una posizione favorevole al governo – e dunque potenzialmente pronti a una potenziale spaccatura – sarebbero tra gli altri Soave Alemanno, Elisabetta Maria Barbuto, Niccolò Invidia, Federica Dieni, Giulia Grillo, Luca Sut, Rosalba Cimino, Azzurra Cancelleri, Vita Martinciglio, Diego De Lorenzis, Elisa Tripodi, Celeste D’Arrando e Gabriele Lorenzoni.
Oltre ovviamente a Crippa e al ministro Federico D’Incà. Mentre sarebbero rientrati i malumori di altri pezzi da novanta come Fabiana Dadone, Stefano Patuanelli e Alfonso Bonafede. Le prossime ore, come prevedibile, saranno decisive.